Religioni della MESOPOTAMIA
Religioni della Mesopotamia
Le religioni della Mesopotamia, sono quell'insieme di differenti credenze, miti, rituali, culti misterici, teologie e pratiche divinatorie professate nell'antica Mesopotamia ovvero nella regione del mondo che corrisponde approssimativamente all'attuale Iraq, dal IV al I millennio a.C.[2]
Le origini di tali religioni vanno individuate nella preistoria delle prime genti abitanti quella regione, nelle credenze e nelle tradizioni di differenti popoli che, a partire dal XXX secolo a.C., lì migrarono, nelle civiltà sumerica e accadica e in quelle civiltà emerse successivamente, quali, ad esempio, quella babilonese e quella assira.
Le religioni della Mesopotamia, ma solo intese come culto principale di una realtà statale, cessarono di essere nel 539 a.C. quando la città di Babilonia accolse, sottomettendosi, il re persiano achemenide di probabile fede zoroastriana Ciro II[3]. I Persiani non perseguitarono, né discriminarono tali religioni che continuarono quindi a essere professate dalle popolazioni locali dando luogo anche a differenti sincretismi[4][5].
Premessa[modifica | modifica wikitesto]
L'espressione "religioni della Mesopotamia" è di conio moderno. Gli antichi abitanti della Mesopotamia non possedevano un termine che indicasse quello che il termine moderno "religione" intende indicare in modo peraltro problematico[6].
Se quindi il termine "religione" non appartiene, neppure etimologicamente, alla lingue mesopotamiche come il sumerico o l'accadico, anche il termine "Mesopotamia" era del tutto sconosciuto agli antichi abitanti di quella regione. Esso appartiene alla nostra era, originando peraltro dal greco antico, che con quel termine, di genere femminile, proveniente da Mesopotamos, quindi come Mesopotamia (khṓra), voleva indicare la "(terra) tra i fiumi"[7]), intendendo per questi ultimi il Tigri e l'Eufrate.
La prima occorrenza del toponimo "Mesopotamia" (Μέσοποταμίας) la si riscontra nell'Anabasis Alexandri, opera di Arriano, autore del II secolo d.C., il quale trattando della marcia di Alessandro Magno verso l'Oriente, così si esprime:
«Da lì, marciò verso l'interno, avendo a sinistra il fiume Eufrate e i monti dell'Armenia, attraverso la regione che si chiama Mesopotamia.» |
(Arriano, Anabasi di Alessandro, III, 7, 3. Traduzione di Francesco Sisti. Milano, Mondadori, 2007, p. 219) |
Peraltro, come ricorda Luigi Cagni:
«Al tempo dei Sumeri, degli Accadi e degli Assiro-Babilonesi non è mai esistito un simile concetto geografico unitario; neppure in quei periodi in cui la grande zona venne unificata politicamente sotto un unico sovrano, come al tempo di Ḫammurabi di Babilonia (1792-1750 a.C.) o dei sovrani achemenidi (550-331 a.C.).» |
(Luigi Cagni, Dizionario delle religioni, a cura di Giovanni Filoramo, Torino, Einaudi, 1993, p. 472) |
Nell'antichità la regione oggetto di questa voce era conosciuta esclusivamente per mezzo di nomi che indicavano specifici territori[8]:
- Sumer (accadico; in sumerico Ki-en-gi[r]): indicante l'attuale parte meridionale dell'Iraq (da tener presente che il Golfo Persico aveva nei millenni precedenti la nostra era le sue rive poste ad alcune centinaia di chilometri più a Nord rispetto all'attuale posizione).
- Akkad (accadico; in sumerico Agade), dal nome della città fondata da Sargon: il territorio posto a Nord di Sumer.
- Assyria (greco antico; in accadico: Aššūr, dal nome della sua città principale): territorio posto tra l'attuale città di Baghdad e la zona montuosa che si eleva al confine tra l'attuale Siria e la Turchia.
- Babylōnía (greco antico; in accadico Bābilāni, da Bābili, Babilonia, la città amorrea fondata nel XIX secolo a.C.): la zona compresa tra l'attuale Baghdad e il Golfo Persico.
Va tenuto presente, tuttavia, che le due ultime designazioni di "Assyria" e "Babylonia" emergono non prima del XVIII secolo a.C.[9]
I confini della Mesopotamia furono, nel corso dei secoli o di volta in volta, i Monti Zagros, l'Urartu (oggi Armenia), le regioni occupate dagli Ittiti (l'attuale Turchia), l'area della Siria-Palestina, l'Egitto, la Susiana, l'Elam, la regione degli Urriti (Ḫabūr, Subartu) e la Persia[10].
Le origini[modifica | modifica wikitesto]
Paleolitico medio[modifica | modifica wikitesto]
Tra il 60000 e il 40000 a.C. sono attestate delle inumazioni nel Kurdistan iracheno, segnatamente nella caverna di Šanidar. Tali sepolture avvenivano nello stesso luogo dove la famiglia risiedeva e i corpi venivano inumati in posizione raccolta, su un fianco, e successivamente coperti di pietre. A Teshik-Tash il corpo di un adolescente è stato rinvenuto circondato da corna di capra. A volte le sepolture contenevano offerte[11].
Neolitico[modifica | modifica wikitesto]
In questa fase preistorica (9000-5500 a.C.) gli uomini compiono quel decisivo passaggio dal modello nomadico della "caccia e raccolta" allo stato di produttori di cibo per mezzo dell'agricoltura e dell'allevamento di animali. Tale condizione li porta a una stabilizzazione in villaggi. Sono numerosi i luoghi in Mesopotamia attestanti questa "rivoluzione neolitica", sia nelle regioni centro-settentrionali che in quelle meridionali. Dal punto di vista religioso abbiamo il sito di Çatalhöyük in Anatolia che, ricorda Luigi Cagni, può valere anche per il resto della Mesopotamia. In tal senso, secondo lo studioso italiano, tale sito evidenzia tre espressioni della vita religiosa:
- Il culto della "dea madre", con particolare riferimenti alla fecondità. Allo stesso modo vanno interpretate le figure di tori o montoni.
- Il culto del toro (bucrani) relativo all'allevamento.
- Il culto dei morti, che consiste nell'inumare i cadaveri dei parenti sotto il pavimento delle abitazioni o in santuari di tipo domestico. Per quanto attiene i cadaveri, vi era l'uso di scarnificarne le ossa, raccoglierne i resti in tessuti, stuoie o pelli o ancora in vasi di ceramica; la creazione di modelli di teste umane, trattati con gesso e colori, onde venerare particolari membri della famiglia.
Età del rame[modifica | modifica wikitesto]
Il Calcolitico (5500-3000 a.C.) vede consolidarsi le innovazioni proprie della rivoluzione neolitica. Accanto all'uso della pietra si inizia l'uso del rame. In questo periodo, probabilmente proprio in Mesopotamia, si ha l'invenzione dell'aratro (VI-V millennio a.C.) che si diffonderà progressivamente verso l'Europa e l'Egitto. Questi aratri preistorici erano molto semplici, costruiti interamente in legno con il solo vomere in pietra. L'Età del rame viene suddivisa, per quanto concerne la Mesopotamia, in cinque fasi:
- Fase di Ḥassuna e Fase di Samarra (5500 a.C.-5000 a.C.). Questi due siti archeologici sono collocati in quella che poi risulterà essere la regione degli Assiri. Sono state rinvenute sepolture con oggetti, prova di credenze nell'oltretomba.
- Fase di Tell Ḥalaf (5000-4500 a.C.). In questa località, situata nella parte nord orientale della Mesopotamia sono state rinvenute statuine in argilla della "dea madre", propria dei culti sulla fecondità.
- Fase di Eridu (4500-4000 a.C.). La rivoluzione neolitica raggiunge ora l'estremo sud della Mesopotamia, creando villaggi nei pressi del Golfo Persico. Il contesto ambientale è tuttavia diverso e richiede la costruzione di canali per l'irrigazione.
- Fase di ʿHubaid (4500-4000 a.C.). Anche il centro ʿHubaid si trova sulla riva settentrionale del Golfo Persico, questo centro è pressoché contemporaneo a quello di Eridu. In questo centro meridionale sono state rinvenute statuine di terracotta e possibili ambienti templari con fondamenta in pietra.
- Fase di Uruk e e Fase di Gemet Naṣr (3500-2800 a.C.). Nella città di Uruk abbiamo la più imponente sede civile e religiosa di questo periodo che ci ha consegnato la più antica forma di scrittura, affermandosi come primo centro della c.d. "rivoluzione urbana".
Il culto religioso[modifica | modifica wikitesto]
L'uomo creato per servire gli dèi e la sua "civiltà" è frutto del dono divino[modifica | modifica wikitesto]
Fin dai primi testi sumerici la nascita dell'intelligenza nell'uomo, e quindi della civiltà sulla terra, questa caratterizzata dall'abbandono della vita nomade con la fondazione delle prime città, viene interpretato come frutto di un intervento divino.
Come abbiamo visto gli dèi creano l'uomo con lo scopo di affidargli il loro posto per il servizio divino, per il servizio agli stessi dèi: l'uomo, per il mondo religioso mesopotamico, è stato quindi creato al solo scopo di servire gli dèi per mezzo del culto.
Ma in principio gli dèi non hanno ancora creato l'agricoltura e l'allevamento e loro stessi vivono in uno stato "naturale", allo stesso modo gli uomini non sono ancora in grado di coltivare la terra (cereali, grano; cuneiforme: ; sumerico: ezina, ezinu; accadico: ašnan), né di allevare il bestiame (pecore; cuneiforme ; sumerico: U8; accadico: immertu) e non hanno di che coprirsi, mangiando erba e bevendo nelle pozze, vivono nudi.
Così in un testo datato all'inizio del II millennio redatto in lingua sumerica di cui conserviamo i frammenti di sette testimoni:
(SUX)
«1. ḫur-saĝ an ki-bi-da-ke4 |
(IT)
«1. Quando sulle Montagne dell'universo |
(Prologo della tenzone "Cereale contro Bestiame minuto", 1-11; traduzione Kramer, p.544) |
(SUX)
«16.tug2 niĝ2 mu4-mu4-bi nu-ĝal2-la-am3 |
(IT)
«16. Non esistevano vesti con cui coprirsi, |
(Prologo della tenzone "Cereale contro Bestiame minuto", 16-17; traduzione Kramer, p.544) |
A questo punto gli dèi decidono di creare, per loro, la madre Pecora e il Cereale e, dopo aver consegnato agli uomini il "soffio di vita" (nam-lu2-ulu3 zi šag4 im-ši-in-ĝal2; soffio vitale: zi-šag-ĝal, cuneiforme: ), il dio Enki chiede al re degli dèi, Enlil, di donare quella loro creazione anche agli uomini. Così la madre Pecora e il Cereale discesero dal Santo monte (du6-kug; cuneiforme: ) tra gli uomini (linea 48: u8 dezina2-bi du6 kug-ta im-ma-da-ra-an-ed3-de3).
Allo stesso modo in un altro testo, sempre in sumerico e datato inizio II millennio di cui conserviamo frammenti di una decina di testimoni, il re degli dèi, Enlil, inventa la "zappa" (sumerico: al; accadico allu; cuneiforme: ) e, fissando le prestazioni di lavoro, la consegna agli uomini determinandone il destino:
(SUX)
«7. dur-an-ki-ka bulug {nam-mi-in-la2} |
(IT)
«7. A Duranki (Nippur) portò un palo (!) |
(L'invenzione della Zappa, 7-9; traduzione Kramer, p.541) |
I Me e il "destino" (nam) degli uomini[modifica | modifica wikitesto]
Inoltre, tutto il cosmo, quindi anche il mondo degli uomini, i loro ruoli nella società, la loro storia, le loro attività, sono impregnati e determinati dalla presenza o, alternativamente, dall'assenza dei Me (cuneiforme: ), ciò che rende conforme a ciò che deve essere. Esistere, vivere in armonia con i Me significa operare "correttamente", essere nel "bene", svolgere il proprio destino e quindi risultare distanti dal "male" e dal "disordine".
Ogni cosa, presenza, essenza dell'universo, quindi anche l'uomo, è iscritta anche nella Tavola dei Destini (in lingua accadica: ṭup šīmātu, ṭuppi šīmāti; sumerico: DUB.NAM.(TAR).MEŠ) consistente in una tavola (accadico: ţuppu; sumerico: DUB, cuneiforme: ) scritta in cuneiforme e contenente il "destino" (šīmtu, in sumerico: NAM, anche NAM.TAR, cuneiforme: ), quindi, il futuro dell'intero Cosmo e di ogni suo componente, garantendone il corretto svolgimento.
Creato per servire gli dèi, i quali non solo gli hanno donato l'intelligenza ma anche la civiltà, segnato sulla Tavola dei Destini e costantemente sollecitato a rispettare i Me, ovvero a rendere tutto conforme a ciò che "deve essere", quindi a esprimere un costante culto agli dèi, pena il disordine, la sofferenza, la morte, all'uomo non resta che impetrare il favore divino, quindi un proprio destino favorevole, evitando le punizioni degli dèi.
Il male, la colpa, il peccato dell'uomo e le punizioni e il perdono da parte degli dèi: preghiere e lamentazioni[modifica | modifica wikitesto]
«Chi c'è che non sia incorso in peccato contro il suo dio? |
(Preghiera di riconciliazione (dšà-dib-ba; "(preghiera per placare) un dio irato"), in lingua accadica, fonte: KAR 45, linee 3-11, traduzione in italiano di Castellino, p.347) |
Il mondo degli uomini è dunque governato dagli dèi, conformemente ai Me. Agli uomini è destinato il compito di servire gli dèi, e quando gli uomini si ribellano al loro destino ecco questi ultimi scatenare il Diluvio universale per punirli (cfr. il mito di Atraḫasis; ma anche la Lamentazione in lingua sumerica sulla distruzione di Ur).
Non vi sono solo "colpe" collettive da parte dell'umanità, anche i singoli uomini posso violare il proprio destino, quindi il proprio compito, e scatenare la punizione divina.
Per quanto Giovanni Pettinato[12] abbia escluso i Sumeri dall'ambito della nozione di "peccato" e della sua retribuzione post-mortem, resta che anche questo popolo, come i Semiti, conservino la nozione di "male" espresso, tra gli altri, con il termine nig2-ḫul (accadico: lemuttu; cuneiforme: ), e di "ingiustizia", "trasgressione" espresso, tra gli altri, con il termine di nam-tag-ga (accadico: arnu; cuneiforme: ).
Nota Luigi G. Cagni:
«È importante notare che secondo i Mesopotamici l'uomo può essersi reso colpevole di trasgressione e peccato senza averne coscienza o senza sapere quale divinità abbia offeso» |
(Trattato di antropologia del sacro, vol. 5, p. 45) |
Tale colpa, consapevole o inconsapevole, poteva essere causa dell'abbandono del favore divino o anche della punizione, individuale o collettiva, da parte degli dèi.
La liberazione da questa colpa, ovvero il perdono degli dèi, era frutto innanzitutto della loro "confessione" pubblica: in Babilonia era lo stesso re a praticare a la confessione durante il quinto giorno della festa dell'Akītu. Seguivano le lamentazioni (accadico: šigû), invocazioni di clemenza e di dolore (aḫulap, in sumerico: aya), prostrazioni (labān appi) con il fine di placare la collera divina.
La preghiera (tra gli altri il sumerico siškur2; accadico: karābu; cuneiforme: ), sia pubblica che privata, possedeva, dunque, un ruolo fondamentale nelle religioni mesopotamiche.
Le manifestazioni cultuali[modifica | modifica wikitesto]
Il tempio[modifica | modifica wikitesto]
Il tempio mesopotamico è la "casa" del dio. Tale "casa" è stata costruita dall'uomo, in qualità di suo servitore, ma il luogo e il tipo di "casa" sono sempre scelti dal dio che comunica i suoi voleri per mezzo di sogni o altre "ierofanie". Quindi il tempio è la casa dove il dio ha scelto di vivere, la stessa collocazione del trono del dio all'interno dell'area templare avviene per scelta divina, comunicata per mezzo di una ierofania. L'area in cui il dio si manifesta sul trono (sumerico: unu6; accadico: mākalû, mūšabu; cuneiforme: ) è l'area più sacra del tempio mesopotamico, dal basamento del trono (sumerico: du; accadico: diʾu; cuneiforme: ) si sviluppa tutto l'impianto templare [13].
Da questo punto, sacro in senso assoluto, promuove il servizio di culto che corrisponde alla tavola delle offerte (sumerico: banšur; accadico: paššūru; cuneiforme: ) posta di fronte alla statua in cui il sacerdote, con meticolosi atti rituali, versa le libagioni (probabilmente diverse a seconda della divinità).
Solo qui l'uomo può incontrare il suo dio e tale incontro è il solo consentito dalla divinità. Il podio del trono è pendente verso la parte finale del tempio di modo che l'uomo non possa valicare oltre lo spazio sacro e, quindi, resti confinato nei suoi limiti, gli unici consentitigli dalla divinità.
I sacerdoti[modifica | modifica wikitesto]
Servire il dio del tempio è compito di grande responsabilità e prestigio, in genere i sacerdoti vengono formati nelle scuole scribali (sumerico: e2-dub-ba; accadico: bīt ţuppi; cuneiforme: ) ospitate nei complessi templari, che fungono anche da centri intellettuali e teologico-sapienziali.
Il sacerdote svolge quindi il doppio ruolo di funzione sacra e amministrativa, doppio ruolo che viene espresso con il termine sumerico di saĝĝa (anche sanga; in accadico: šangû; cuneiforme: ).
La funzione più elevata in un tempio viene svolta dal sacerdote ( en, sacerdote; accadico: entu, enu; cuneiforme: ), ma vi sono anche gli indovini divisi in diverse categorie, la più nota delle quali è indicata con il termine accadico di bārû (sumerico: uzu2; cuneiforme: ).
Come ci sono gli "scongiuratori" [14] (šim-mu2; accadico: ašīpu; cuneiforme: ); gli addetti ai lavacri e alle purificazioni delle statue e degli ambienti sacri (sumerico: išib; accadico: pašīšu cuneiforme: ); i cantori delle lamentazioni (sumerico gala; accadico: kalû; cuneiforme: ).
Vi erano anche dei sacerdoti dedicati come gli assinnu (cuneiforme: ), i cinedi addetti al culto della dea Ištar; oppure le sacerdotesse dette le "sterili" (accadico: nadītu; cuneiforme: ) in quanto non si maritavano e non generavano figli, vivendo insieme in "monasteri" detti gagû (accadico; cuneiforme: ).
Riti e liturgie[modifica | modifica wikitesto]
Le liturgie nel mondo religioso mesopotamico, con i suoi imponenti santuari, sono attività quotidiane e consistono nella recitazione di inni e lamentazioni per comunicare con il dio impetrandone la compassione. Tali riti erano soventemente accompagnati da musiche di arpe, flauti, timpani e cetre, e dalle relative danze sacre.
Altro aspetto dei riti erano quelli connessi alla remissione dei peccati (i già citati nam-tag-ga /arnu) per mezzo della "confessione" pubblica degli stessi, accompagnati da un sacerdote e dalla recitazione di litanie penitenziali (lipšur), per mezzo anche di prostrazioni.
«Tu sai perdonare [faccia a faccia con la colpa], |
("Preghiera penitenziale" a Marduk; traduzione in italiano Castellino, 351) |
Il sacrificio[modifica | modifica wikitesto]
Le feste[modifica | modifica wikitesto]
Lo hieròs gamos[modifica | modifica wikitesto]
Sumer e Accad: il dibattito storiografico sulle origini[modifica | modifica wikitesto]
I Sumeri[modifica | modifica wikitesto]
Secondo Pettinato, i Sumeri non erano un popolo autoctono della Mesopotamia ma migrarono nella parte meridionale di quella regione in un momento non precisato della preistoria[15], giungendo forse dalla Valle dell'Indo per via marittima[16]. Liverani ritiene invece che questa migrazione non sia precisamente databile e che si tratti piuttosto di una lenta infiltrazione [17]
Il nome con cui indicavano sé stessi era "Teste Nere" (sumerico: sag-gi, sag-ge6-ga; accadico: şalmat qaqqadi; lett. "Teste Nere", a indicare i Sumeri o più generalmente l'"umanità"; cuneiforme: )[18], mentre il territorio da loro abitato veniva indicato con il termine di Ki-en-gi(r) ("Terra dei signori civilizzati"; cuneiforme: ). Il termine sumer (šumeru), da cui Sumeri, non appartiene quindi alla lingua sumerica ma a quella accadica.
Dal punto di vista storico la prima civiltà sumerica è attestata a partire dal 3000 a.C.[19]. Questa civiltà si esprime attraverso un insieme di città stato che, pur condividendo lingua, cultura, pantheon e nozioni sul sacro, risultano rivali sia dal punto di vista politico che da quello religioso. Ogni città aveva la sua divinità "poliade", comprensiva della sua paredra e della sua corte di divinità-servitori. Tale gruppo religioso era ospitato in un preciso santuario che costituiva la reggia della divinità poliade, risultando essa il vero sovrano della città, il cui re umano ne era solo il rappresentante[20]. Così, ad esempio, le tre divinità sumeriche principali, An, Enlil ed Enki erano rispettivamente le divinità sovrane delle città di Uruk, Nippur ed Eridu[21]. Ne consegue che quando una città sconfiggeva un'altra, emergendo in modo egemonico sulla regione, si riteneva che al dio poliade della stessa fosse assegnato dal re degli dèi, Enlil, il governo del mondo[22].
Ciò premesso,
«La civiltà sumerica non si può definire laica: non soltanto la regalità era un dono del cielo, ma anche la vita di tutti i giorni era scandita da pratiche religiose.» |
(Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, Torino, Utet, 2001, versione Mobi pos. 1087 di 11434) |
Il vocabolario sumerico del sacro: Me, Kù-g, Dingir e Melam[modifica | modifica wikitesto]
L'origine del cosmo e degli dèi. La creazione dell'uomo[modifica | modifica wikitesto]
L'origine degli dèi[modifica | modifica wikitesto]
Le divinità sumeriche sono immortali ma non eterne, esse hanno quindi origine e su questa, raramente indagata[25], hanno risposto due differenti scuole teologiche sumeriche quella di Eridu e quella di Nippur.
- La teologia della scuola di Nippur. Una teologia relativa a questo centro religioso, sotto la divinità tutelare di Enlil, vuole che prima che venisse ad essere il dio An (Cielo) e la dea Ki (Terra) esisteva in un luogo indicato con il nome di uru-ul-la (lett. "città antica": cosmo embrionale), uno stato potenziale di vita, in cui sussistevano un insieme di coppie di divinità dette "padri e madri" i cui epiteti sono en (signore, cuneiforme: ) e nin (signora, cuneiforme: )[26]. Da questo mondo embrionale di coppie divine furono generati An e Ki (Cielo e Terra). Da An e Ki nacque Enlil, il sovrano degli dèi; mentre da An e Nammu (dea dell'acqua fluttuante, Abzu) nacque Enki, il dio dell'acqua dolce sotterranea. Sono quindi tre i principi teogonici e cosmogonici originati dal "cosmo embrionale": il Cielo, la Terra e l'Acqua.
Il "modello di Nippur" esprime quindi:
''uru-ul-la''
("cosmo embrionale")
An <-> Ki (vedi An-Ki)
Urash (Ki) <-> An <-> Nammu
Enlil - Enki
- La teologia della scuola di Eridu. La teologia originata da questo centro, sotto la divinità tutelare di Enki, è raccolta nel testo, decisamente più tardo e in lingua semitica dell'Enûma Eliš, di cui sono note alcune versioni. Questa opera racconta che dall'incontro tra Tiamat (questo nome deriva dall'accadico tâmtu, tâmdu, tiāmatu, col significato di "mare", "acqua salata"; sumerico ab; cuneiforme: ) e Abzu (sumerico; in accadico: Apsū; cuneiforme: ; col significato di "acqua dolce" sotterranea), ovvero il principio divino dell'Acqua salata e il principio divino dell'Acqua dolce fluttuante, unitamente a un non meglio definito mum (accadico: mummu)[27] nascono gli dèi e quindi i mondi.
(AKK)
«e-nu-ma e-liš la na-bu-ú šâ-ma-mu |
(IT)
«Quando (enu) in alto (eliš) il Cielo non aveva ancora un nome, |
(Tavola I, vv. 1-9) |
Il "modello di Eridu" esprime quindi:
Abzu <-> Tiamat
An <-> Ki
Urash (Ki) <-> An <-> Nammu
Enlil - Enki
La nascita del mondo[modifica | modifica wikitesto]
Insieme ai tre principi primi cosmici: Cielo (An, cuneiforme: ), Terra (Ki, cuneiforme: ) e Acqua primordiale (Nammu anche Namma, cuneiforme: ; anche sumerico: engur; accadico: engurru), si colloca la Montagna (Kur, cuneiforme: ), dove ha origine la stessa vita.
«An, il signore, illuminava il cielo, mentre la Terra (Ki) era al buio e nel Kur[28] lo sguardo non penetrava; |
(Gli dèi del cielo, gli dei della terra non esistevano ancora, datazione: Ur III; da Nippur. Traduzione: Römer) |
Quindi si procede alla separazione tra il Cielo e la Terra. «È interessante notare che quasi tutti i miti cosmogonici sumerici iniziano con il descrivere la separazione del cielo e della terra effettuata da Enlil»[34].
«In quei giorni, quei giorni arcaici- |
(Gilgameš, Enkidu e gli Inferi, 1-13 datazione: ; da: ricostruito da 37 documenti. Traduzione: Shaffer in Bottero/Kramer p. 509, completa in Pettinato Gil p. 362) |
Dalla separazione di Cielo e Terra nasce il loro matrimonio e quindi la natura.
«L'immensa piattaforma de (lla) Terra scintillava: |
(Prologo della Disputa tra albero e canna, 1-13 datazione: ; da: . Traduzione: Kramer in Bottero/Kramer p. 510, completa in Pettinato MS pos 1863) |
«Signore del cielo e della terra,[35] |
(Signore del cielo e della terra, 1-15 datazione: 2500 a.C. ; da: Ebla. Traduzione: Pettinato; in Pettinato MS pos 2040) |
L'origine dell'uomo e il suo destino[modifica | modifica wikitesto]
Sono sostanzialmente tre le tradizioni sull'origine dell'uomo, considerato in questo ambito religioso come l'apice della creazione[37].
- La prima tradizione, appartenente alla scuola teologica di Nippur, vede l'uomo nascere come una pianta, seminata dal dio Enlil (Il poema della zappa, inizio II millennio). L'uomo, così emerso, è come una bestia e quindi viene, in un secondo momento, dotato dello "spirito vitale" (zi-šag-ĝal, cuneiforme: ), inteso come "ragione", "intelligenza", di origine divina (Tenzone tra pecora e grano, testimoni in frammenti di sette esemplari, inizio II millennio).
(SUX)
«uzu-mu2-a saĝ mu2-mu2-de3 |
(IT)
«Affinché Uzumua[38] faccia germogliare i primi uomini, |
(Il poema della zappa. Traduzione di Giovanni Pettinato, p. 321) |
(SUX)
«20. nam-lu2-ulu3 ud re-a-ke4-ne 21. ninda gu7-u3-bi nu-mu-un-zu-uš-am3 |
(IT)
«L'umanità primordiale |
(Tenzone tra pecora e grano. Traduzione di Giovanni Pettinato, p. 321) |
- La seconda tradizione appartiene alla scuola teologica di Eridu. Essa propone, come la tradizione biblica ben più tarda, la formazione dell'uomo a partire dall'argilla con il dio Enki che gli infonde parte della divina "saggezza" (ĝeštug, cuneiforme: ).
Il testo sumerico conosciuto come Enki e Nimaḫ (circa mezza dozzina di esemplari frammentari; inizio II millennio) narra come dopo la creazione dell'universo, le dee madri iniziarono a partorire. Per nutrirle, gli dèi dovettero sottoporsi al lavoro, con gli dèi maggiori che lo sovrintendevano, mentre gli dèi minori eseguivano i lavori pesanti. Gli dèi iniziano a lamentarsi della situazione mentre il dio Enki, a cui loro devono l'esistenza, dorme nel suo regno, l'Engur (il regno delle Acque sotterranee). Gli dèi attribuiscono la loro condizione ad Enki. La madre (ama sumerico, ummu accadico; cuneiforme ) di Enki, Nammu, dea dell'Acqua primordiale, si decide a comunicare al figlio le lamentazioni divine, invitandolo a creare un essere che potesse sobbarcarsi il faticoso lavoro degli dèi.
(SUX)
«24. den-ki-ke4 inim ama-na dnamma-ke4 ki-nu2-na ba-ta-zig3 |
(IT)
«24. Alle parole di sua madre Nammu, Enki si alzò dal suo letto; |
(Enki e Nimaḫ. Traduzione di Giovanni Pettinato) |
- La terza tradizione si rifà a un testo bilingue (sumerico e accadico) rinvenuto nella presunta biblioteca del re assiro Tukulti-apil-ešarra I (1115-1077 a.C.)[40]. Da tener presente che il suo sumerico è piuttosto artificioso e che probabilmente la sua versione proviene dalla traduzione in questa lingua del testo in lingua accadica. L'opera non conosce il dio Marduk, ed è quindi probabilmente anteriore alle riforme religiose babilonesi. La teologia ivi contenuta risentirebbe quindi di un'influenza accadica: è l'unico testo antropogonico in cui la creazione dell'uomo richieda il versamento di sangue da parte di alcuni dèi. Il testo si avvia con la creazione del Cosmo per mezzo la separazione del Cielo e della Terra, quindi del dominio degli dèi Anunna[41] che stabiliscono le regole dell'universo. Allora il dio Enlil prende la parola e chiede loro cosa vogliano fare e questi rispondo al re degli dèi che vogliono recarsi nella cella del suo tempio (l'Uzuma di Duranki) e lì uccidere due dèi Alla: «affinché il loro sangue faccia germogliare l'umanità;/le corvée degli dèi sia il loro compito:/che egli prendano in mano la zappa e il canestro di lavoro,/...». Gli uomini creati per mezzo dell'argilla e del sangue degli dèi Alla verranno chiamati Ullegarra e Annegarra[42]. Anche in questa antropogonia, quindi, gli uomini vengono creati affinché sostituiscano gli dèi nel lavoro. Nota Giovanni Pettinato:
«Differentemente dagli Accadi, i quali consideravano il destino dell'uomo piuttosto negativamente, i Sumeri hanno giudicato il lavoro positivamente: l'uomo, per i Sumeri, era il continuatore dell'opera divina sulla terra e, lavorando si assicurava la benedizione degli dèi. [...] Il lavoro dell'uomo consisteva soprattutto nell'agricoltura e nella costruzione dei templi per gli dèi. Il Sumero accettò tale scopo della creazione come una missione, e gli stessi re amarono farsi rappresentare con la cesta da lavoro sulla testa.» |
(Giovanni Pettinato, S, pp.324-5) |
L'Aldilà[modifica | modifica wikitesto]
Il cuneiforme è uno dei segni cuneiformi che rende la nozione di "Inferi"[44] qui intesi come mondo sotterraneo, luogo dove risiedono i morti. Tale segno cuneiforme indica anche la "montagna", ma in questo ambito è inteso come "fondamento" della "montagna": ciò che vi si nasconde "sotto", il luogo inferiore. La traslitterazione del segno cuneiforme è kur in sumerico, šadû in accadico (semitico).
Altri nomi con cui i Sumeri indicavano il mondo dei morti sono, ad esempio: kur-nu-gi4-a ("paese del non ritorno", in accadico: erṣet la târi), igi-kur, kur-kur, arali, lamḫu, irkalla, ganzi, kukku, ki-gal; resi in accadico, quando non presi direttamente in prestito, tra gli altri, come irkallu o erṣetu,
I dati archeologici ci dicono della grande attenzione dei Sumeri rivolta ai loro estinti. Le tombe sono curate e i corpi sono circondati da doni, la loro posizione è come "dormiente" o raggomitolata come un "embrione": aspetti che indicano la credenza in un'esistenza dopo la morte. Tale esistenza infera è in un luogo, a volte individuato sotto l'(abzu, l'oceano di acqua dolce, il regno di Enki, su cui si poggia la terra) circondato da sette mura, dove regna sovrana la dea Ereškigal, coadiuvata da altri sette dèi (gli Anunna) e aiutata da un esercito di demoni incorruttibili. Chiunque entri negli Inferi non può più uscirne.
L'esistenza negli Inferi è piuttosto penosa e determinata non dal fatto che si siano commessi o meno dei "peccati" (nozione, quella di "peccato", sconosciuta ai Sumeri[45]) quanto piuttosto dal modo in cui si è morti, dalle offerte che i vivi concedono loro, o dal numero dei figli generati in vita: più figli sono stati generati durante la propria vita e più la vita nell'Ade sumerico è "positiva". La peggiore condizione è riservata a coloro che sono morti in un incendio perdendo in questo modo il proprio corpo, essi non risiedono nemmeno negli Inferi.
(SUX)
«243. gu2-ni gu2-da mu-ni-in-la2 ne mu-un-su-ub-be2 |
(IT)
«Allora essi si abbracciarono e baciarono l'un l'altro, |
(Gilgameš, Enkidu e gli Inferi (versione di Nibru/Nippur in sumerico: ud re-a ud su3-ra2 re-a; lett. In quei giorni, in quei giorni lontani) 244-254 (243-253). Traduzione di Giovanni Pettinato, in La Saga di Gilgameš, p. 376-377.) |
Quindi gli Inferi sono oscuri, polverosi, luogo dove si aggirano assetati gli spiriti, le ombre dei morti (sumerico: gidim; accadico: eţemmu; cuneiforme: ). Negli Inferi regna sovrana la dea Ereškigal, accompagnata dal marito Nergal, la quale si limita a indicare il nome del morto, quindi senza emettere alcun giudizio, registrato su una tavola dalla dea Geštinana. Altre divinità dimoranti negli Inferi sono: il dio Ningigzida, maggiordomo di Ereškigal, Pabilsaĝ suo amministratore, Namtar suo messaggero, e Neti il custode dei cancelli infernali.
Una particolare condizione riguarda i bambini, morti prima dei loro giorni (sumerico: niĝin3-ĝar; cuneiforme: ):
(SUX)
«niĝin3-ĝar tur-tur-ĝu10 ni2-ba nu-zu igi bi2-du8-am3 igi bi2-du8-am3 a-/na\-gin7 an-ak ĝišbanšur kug-sig17 kug-babbar lal3 i3-nun-ta e-ne im-di-e-ne» |
(IT)
«“Hai visto i miei bambini che non hanno visto la luce del sole, li hai visti?. —Sì li ho visti. —Come stanno? |
(Gilgameš, Enkidu e gli Inferi (versione di Nibru/Nippur in sumerico: ud re-a ud su3-ra2 re-a; lett. In quei giorni, in quei giorni lontani) 300-301. Traduzione di Giovanni Pettinato, in La Saga di Gilgameš, p. 380.) |
Gli Accadi[modifica | modifica wikitesto]
Con il termine "Accadi" (anche Akkadi) si indica quell'antico popolo parlante una lingua semitica che fa riferimento alla città di Akkad, capitale dell'impero "accadico" (da tener presente che la collocazione di questa antica città non è stata ancora individuata, anche se si ritiene possa essere nelle vicinanze dell'attuale città di Baghdad). Quest'ultimo, fondato dal re e condottiero Sargon (Šarru-kīnu, regno: ca. 2334-2279 a.C.), durò per circa un secolo prima di essere conquistato dal popolo montanaro (monti Zagros) dei Gutei.
Si conosce la figura di Sargon grazie a delle iscrizioni reali votive (spesso copie paleo-babilonesi), rinvenute nel santuario del dio Enlil a Nippur (l'E-kur). Le prime iscrizioni appellano Sargon come re di Kiš. Da questa città, secondo le iscrizioni, il re Sargon compie delle spedizioni verso il meridione, sconfiggendo Lugal-Zagesi (Lugalzagesi), il re sumero di Uruk, per poi sconfiggere gli altri ensi sumerici e quindi conquistare le città di Ur, E-ninmar e Umma. Sargon infine dichiara di aver sottomesso 50 ensi e di aver vinto 34 battaglie, fino a lavare le sue armi "grondanti di sangue" nel mare inferiore (il golfo Persico).
Dalla Lista Reale Sumerica è noto che Sargon, figlio di un coltivatore, era il coppiere del re di Kiš, Ur-Zababa, re che Sargon deve aver poi spodestato per usurparne il trono.
(SUX)
«24. unugki-ga lugal-zà-ge-si |
(IT)
«24. In Uruk Lugal.zage.si |
(Lista Reale Sumerica, 25-36; Traduzione di Paolo Gentili) |
Thorkild Jacobsen[46], e Gentili[47] segue, ritiene invece che Lugal-Zagesi avesse precedentemente sconfitto Ur-Zubaba, distruggendo la città di Kiš: sarà quindi Sargon, condottiero del re di Kiš, a subentrare a questo sovrano sumero e quindi a sconfiggere successivamente Lugal-Zagesi, per poi ricostruire la città (questo spiegherebbe l'iscrizione, cfr. Poebel PBS IV,1 p. 176, che vuole Sargon rifondatore di Kiš).
Di fatto, nel XXIV secolo a.C. e per un secolo, si assiste nella Bassa Mesopotamia a un deciso cambiamento storico: alla costellazione di città-stato (in quel momento dominate dal re sumero della città di Uruk, Lugal-Zagesi) si sostituisce un impero unificato, per mezzo di una guerra di conquista, da un re accadico (quindi semita).
La presenza dei Semiti nell'area della Mesopotamia è attestata sin dal periodo di Fara e Abu Salabikh (2600-2500 a.C.) e, dopo la scoperta di Ebla e della sua ormai evidente influenza, si ritiene che questa presenza possa essere ancora più antica. Di conseguenza, considerando che nemmeno i Sumeri erano degli indigeni della Mesopotamia quanto piuttosto giunti dal subcontinente indiano o dalla regione del Caucaso, si può ritenere che nella Mesopotamia dei primi secoli storici convivessero due etnie: i Sumeri e i Semiti, con i primi in qualità di minoranza etnica[48].
Il primo impero semitico fondato da Sargon parte dal golfo Persico, dove controlla le rotte commerciali che arrivano alla Valle dell'Indo, fino alla città di Tuttul, città situata a metà tra Akkad e Mari. Il successore e figlio di Sargon, Rimuš (regno: ca. 2278-2270 a.C.), doma una rivolta delle città sumere, rivolgendosi poi a oriente per combattere contro gli Elamiti. Anche il secondo figlio di Sargon, Maništušu (regno: ca. 2269-2255 a.C.), conduce delle campagne contro gli Elamiti, ma è con Naram-Sin (regno: ca. 2254-2218 a.C.), nipote di Sargon, che l'impero accadico raggiunge il suo apogeo, sconfiggendo gli Elamiti e conquistando la Susiana, distruggendo, a occidente, la ricca e importante città di Ebla.
La nozione di regalità accadica, e quindi del potere a essa sottesa, è tuttavia diversa da quella sumera. Nota infatti Liverani[49] come il re degli Accadi affidi il proprio diritto e potere sulla propria forza eroica, piuttosto che giustificarli per mezzo dei conflitti tra le divinità poliadi delle diverse città, come accade invece per i re Sumeri. Con Naram-Sin questa sostanziale differenza tra Semiti e Sumeri raggiunge l'apice in quanto il sovrano accadico si indica e si titola come "dio", aggiungendo al proprio nome il determinativo divino dingir.
La divinità poliade della città di Akkad è la dea Ištar (in sumero: Inanna), dea della guerra e dell'amore fisico. Se le città sumere disponevano ognuna di altre divinità poliadi, era la città di Nippur che ospitava l'E-kur, il santuario del re degli dèi, Enlil, quel dio supremo che decideva di volta in volta a chi affidare la sovranità del mondo, questo spiega la ragione della grande attenzione dei re accadi nei confronti di questo particolare santuario che ospiterà i monumenti celebrativi delle vittorie accadiche come a indicare alle popolazioni sumere che questo dio ha affidato al re degli accadi il governo del mondo.
Liverani[50] osserva anche come la figlia di Sargon, Enkeduanna (En-ḫedu-Anna; En-he2-du7-an-na), ricoprirà l'importante incarico di sacerdotessa del dio Nanna (accadico: Šin) presso il santuario sumero dell' E-kiš-nu-gal nella città di Ur, e come questo si incroci nel tentativo di investire del sacerdozio nel tempio di Ištar in Akkad una sumera. È evidente quindi il tentativo degli Accadi di creare un vero e proprio sincretismo religioso e politico con i Sumeri, nonostante le evidenti differenze linguistiche tra i due popoli. Tale sincretismo consistette anche nel trasferire nel pantheon mesopotamico di origine sumera quella trentina di divinità semitiche utilizzando gli stessi segni grafici delle divinità sumere considerate simili: questa operazione, tuttavia, marca una notevole differenza con i Sumeri i quali vantavano un pantheon di circa tremila divinità che evidenziava il loro considerare divino ogni aspetto del cosmo, a differenza quindi dei Semiti che invece sostenevano un mondo di potenze divine ben più limitato[51].
I Babilonesi[modifica | modifica wikitesto]
«Ṣarpānītu la cui stazione (nel cielo) è elevata! |
(Dalla preghiera pronunciata dal šešgallu a Beltia (lett. ‘Mia Signora’ ovvero Ṣarpānītu, la paredra di Marduk), il 4º giorno di Nisannu, prima dell'alba. In Rituale dell'Anno Nuovo a Babel, 255-270 (262-277 sono qui omissis); traduzione di Giorgio R. Castellino pp. 735 e sgg.) |
Con il nome di Babilonia (dal greco antico Babylōnía; in lingua accadica Bābilāni, da Bāb-ili; che rende il sumerico KA.DINGIR.RA[52], col significato di ‘Porta di Dio’ o "Porta degli Dei"), si indica quella città-stato amorrea fondata nel XIX secolo a.C. sulle rive dell'Eufrate.
Gli Amorrei sono quel popolo parlante una lingua semitica che, a cavallo del XX secolo a.C. e provenendo da Occidente, si infiltrarono e saccheggiarono le città neo sumere, provocando, unitamente al popolo dei Gutei proveniente da Oriente, il collasso della dinastia di Ur III.
Nel mosaico di piccole città-stato amorree collocate nella Mesopotamia centro-settentrionale appare quindi Babilonia, precedentemente una sede minore del regno neosumero di Ur III, conquistata nel 1894 a.C. dal condottiero amorreo Sumu-Album. Con il sesto re, proprio della dinastia fondata da Sumu-Album, Hammurapi (1792-1750), questa città-stato fa il suo ingresso come la più importante potenza regionale. In questo periodo sono sei le potenze che si contendono il controllo della Mesopotamia: Larsa, Babilonia, Ešnunna, Yamkhad (attuale Aleppo), Qatna e Aššur. Verso la fine del suo regno Hammurapi riesce, con alleanze subito sciolte, a sconfiggere le varie potenze concorrenti ottenendo infine l'unificazione di quello che era inteso come il regno di Sumer e di Akkad.
Hammurabi non si limita a unificare la Mesopotamia, sotto il suo regno si gettano le basi di una profonda riforma religiosa propria dei Babilonesi. Gli Amorrei volgevano il proprio culto a divinità di tipo astrale piuttosto che a divinità inerenti alla terra e alla fertilità quali quelle sumeriche. Le divinità predilette dalle genti amorree erano quindi Iśtar (qui intesa anche come Stella del mattino, Venere), Adad (dio della tempesta, conosciuto anche con i nomi semitico-occidentali di Wer o Mer) e, soprattutto, Ŝamaŝ (dio Sole), potenza della giustizia divina. Anche le città amorree rivolgeranno, comunque, sempre culti particolari alle proprie divinità poliadi e, per quanto attiene Babilonia, al dio Marduk inteso come figlio del dio Ea (l'Enki sumerico).
In questo contesto di mutamento etnico e religioso, Hammurapi sarà il primo re a rifiutare la propria "divinizzazione", tradizione avviata con il re accadico Naram-Sîn (2273- 2219 a.C.) e seguita anche dalle dinastie neo sumeriche di Ur III; Hammurapi sceglierà invece di indicarsi come "pastore" (accadico: rē'û) del suo popolo.
Questo valorizzare a divinità massima il dio protettore della propria città condurrà, con Nabucodonosor I (Nabû-kudurrī-uṣur I, 1125-1104 a.C.), le dinastie babilonesi a promuovere, per mezzo del poema cosmogonico Enūma eliš, il dio di Babilonia, Marduk, nel ruolo re di tutti gli dèi mesopotamici, nonché salvatore e rinnovatore dell'intero cosmo.
Così, nel poema babilonese Enūma eliš, tutti gli dèi al cospetto del loro re, il dio Marduk, il dio di Babilonia, proclamano:
(AKK)
«lū zizama ṣalmāt qaqqadīm ilāni |
(IT)
«Se anche le Teste Nere[53] dovessero venerare un altro dio, |
(Tavola VI, vv. 119-120) |
Il procedimento con cui la classe sacerdotale babilonese riesce a modificare la cosmogonia mesopotamica a vantaggio del proprio dio poliade è stato ben identificato da Giovanni Pettinato. L'assiriologo italiano, in Mitologia assiro-babilonese (pp. 38 e sgg.), nota come nel testo sumerico conosciuto come la Lista Reale Sumerica (sumerico: [nam]-lugal an-ta ed3-de3-a-ba; Quando la regalità discese dal cielo), testo composto tra il 2100 e il 1900 a.C.[54][55] con la finalità di gettare le basi tradizionali e politiche dell'unificazione del territorio di Sumer (Mesopotamia meridionale)[56], la prima città sumera a cui viene assegnata la regalità dagli dèi sia proprio la città di Eridu, il cui dio poliade è Enki, una delle quattro divinità più importanti per i Sumeri. Dal che, avendo Babilonia ereditato la regalità dalla prima città a cui è stata assegnata dalla potenza divina, allo stesso modo Marduk, figlio di Ea (Enki), eredita dal padre la regalità sugli dèi. Questo profondo processo di cambiamento teologico vuole dunque sostituire come re degli dèi un dio del tutto secondario, se non addirittura nemmeno appartenente alla tradizione mesopotamica[57], ma lo fa con grande attenzione religiosa.
L'opera religiosa dei Babilonesi non si ferma, infatti, alla rielaborazione della tradizionale cosmogonia sumerica, affronta anche i temi più propri dell'umanità, quell'umanità che, nell'Enūma eliš, è venuta ad essere grazie a una decisione del dio Marduk. Così i differenti racconti sumerici inerenti alla figura del re divino Gilgameš vengono dai Babilonesi raccolti, nel XVIII secolo a.C., nel primo poema religioso dell'umanità, individuato con il titolo di ⌈šu⌉-tu-ur e-li š[ar-ri] (lett. Egli è superiore agli altri [re]), che è meglio noto nella versione neoassira rinvenuta tra i resti della biblioteca reale nel palazzo del re Assurbanipal (Aššur-bāni-apli) a Ninive, capitale dell'impero assiro[58]. In questo poema il re di Uruk, Gilgameš, re per due terzi dio e per un terzo uomo, affronta con l'amico Enkidu diverse avventure a sfondo mitologico, finché Enkidu non trova la morte per punizione divina. La scomparsa di Enkidu, e la consapevolezza della presenza della morte, conducono Gilgameš ad abbandonare la propria dignità regale e, coperto solo di una pelle di leone, a raggiungere gli estremi confini del mondo per trovare una risposta alla propria angoscia e quindi per conseguire quell'immortalità che gli dèi avevano consegnato a Utanapištim (anche Atraḫasis, lo Ziusudra sumerico), l'unico uomo sopravvissuto al Diluvio Universale. Nel suo peregrinare, Gilgameš incontra la divina taverniera Šiduri la quale, nella versione antico babilonese, così risponde al re di Uruk:
(AKK)
«dGIŠ e-eš ta-da-a-al |
(IT)
«Gilgameš dove stai andando? |
(Epopea di Gilgameš, versione paleo babilonese, (in accadico: ⌈šu⌉-tu-ur e-li š[ar-ri]; Egli è superiore agli altri [re]); Tavola di Meissner- Millard OB VA+BM 1-14; traduzione di Giovanni Pettinato, La Saga di Gilgameš, p.213) |
Gilgameš continua il suo peregrinare finché non raggiunge Utanapištim il quale, dopo che il re di Uruk ha fallito le prove per conseguire l'immortalità, si decide a consegnargli la "pianta della giovinezza". Ma qui accade, secondo Pettinato, un fatto teologicamente significativo: il re di Uruk non mangia la pianta, ma la riserva innanzitutto ai vecchi della propria città affinché possano conseguire la giovinezza.
Ma gli dèì avevano destinato tale pianta solo al re e quindi questi, alla fine, la perde, rubata da un serpente:
«Ma qui si evidenzia la sua vera vittoria, che è la vittoria del mondo babilonese: egli è il protagonista dell'umanità, ma dell'umanità nuova, l'umanità rappresentata dalla civiltà babilonese dove l'egoismo è bandito e dove ognuno, a cominciare dai sovrani, pensa al benessere di tutti. Gilgameš avrebbe potuto mangiare l'erba, ma non l'ha fatto: nel momento più bello della sua vita, quando crede di aver risolto tutti i problemi, egli non pensa a se stesso, ma a tutto il suo popolo. Lo rivelano le sue stesse parole: "porterò la pianta della vita ad Uruk, nella mia città, perché i vecchi possano mangiarla".» |
(Giovanni Pettinato, Mitologia assiro-babilonese, p. 37) |
Non solo, ma anche l'intero mondo divino dei Babilonesi è attento ai bisogni degli uomini:
«Del resto anche il mondo divino è sempre attento ai bisogni dell'uomo, partecipa delle sue ansie, allevia il suo pesante destino: è questa la grande differenza tra il mondo mesopotamico e il tanto declamato mondo civile e razionale dei Greci. Proprio tutte le arti divinatorie e l'astrologia, come loro massima espressione, sono una testimonianza eloquente che i "segni" impressi nelle stelle sono messaggi del mondo divino all'uomo affinché egli possa trarre da ogni manifestazione sia terrestre sia celeste insegnamenti su come vivere meglio.» |
(Giovanni Pettinato, Mitologia assiro-babilonese, p. 37) |
Così come gli uomini si interrogano del loro rapporto con gli dèi, invocandone la misericordia:
(AKK)
«[be-l]í ú ṣa-bít-an-ni |
(IT)
«Il [Signor]e mi afferrò |
(Ludlul bēl nēmeqi, Tavola IV, vv.2-6; traduzione di Giorgio R. Castellino) |
Marduk ha ascoltato i lamenti e le preghiere dell'orante:
(AKK)
«ša la dmarduk man-nu mi-tu-ta-šú ú-bal-liṭ |
(IT)
«Chi se non Marduk, può restituire il suo morto alla vita? |
(Ludlul bēl nēmeqi, Tavola IV, vv. 33-35; traduzione di Giorgio R. Castellino) |
Gli Assiri[modifica | modifica wikitesto]
Gli assiri furono un popolo semitico della Mesopotamia che occuparono il corso medio del Tigri. Prendono il nome dalla loro divinità principale Assur. La loro storia inizia nel 2500 a.C. circa e termina nel 612 a.C. dopo essere stati sconfitti dai babilonesi e a causa di ciò la religione assira assimilò molte caratteristiche della religione babilonese tanto che si parla di religione assiro-babilonese. Il capo degli dei era Assur, da cui prese il nome la prima capitale, dio della guerra e di conseguenza protettore dell'impero e viene rappresentato come un uomo in piedi su un leone alato, egli sceglieva i sovrani già nel ventre e li destinava al potere, la sua sposa era Ninlil e i figli Ninurta, dio della caccia e della pace, e Sherua. Altre divinità erano Adad dio della pioggia, della fertilità e della morte; Nusku dio della luce e del fuoco; Pazuzu re degli spiriti malvagi dell'aria.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Lett. "governatore", che non raggiunge tuttavia il titolo di lugal (re). L'ensi indica un'autorità civile che coordina i lavori agricoli acquisendo successivamente un ruolo religioso (cfr. Giorgio R. Castellino. TSA 218).
- ^
«Mesopotamian religion includes certain beliefs and practices of the Sumerians, Akkadians, Assyrians, Babylonians and other peoples who lived at various times in different parts of ancient Mesopotamia, the region corresponding roughly to modern Iraq, from the fourth through the first millennia BCE.»
(Benjamin R. Foster. Mesopotamia in A Handbook of Ancient Religions (a cura di John R. Hinnells). Cambridge, Cambridge University Press, 2007, p. 161) - ^ Geo Widengren (cfr. Die Religionen Irans, Stuttgart, 1965, pagg. 142-5) non ritiene che Ciro il Grande fosse uno zoroastriano; diversamente Mary Boyce (Cfr. The Religion of Cyrus the Great in A. Kuhrt and H. Sancisi-Weerdenburg, Achaemenid History III. Method and Theory, Leiden, 1988, pag 30) ritiene con sicurezza che fosse un adoratore di Ahura Mazdā.
- ^ Gherardo Gnoli, Babylonia in Encyclopaedia Iranica.
- ^ Da tener presente, tuttavia, che se da una parte Ciro II si proclamerà nel 539 a.C. inviato di Marduk alla 'liberazione' di Babilonia dal precedente empio sovrano, Nabonedo; Serse, mezzo secolo dopo, a seguito di una rivolta, darà alle fiamme il tempio del dio, portando via la sua sacra statua come preda di guerra (Cfr. Giovanni Pettinato. Babilonia. Milano, Rusconi, 1994, p. 246).
- ^ A titolo esemplificativo:
«Definire la religione è compito tanto ineludibile quanto improbo. È infatti evidente che, se una definizione non può prendere il posto di una indagine, quest'ultima non può avere luogo in assenza di una definizione.»
(Giovanni Filoramo, «Religione», in Dizionario delle religioni, a cura di Giovanni Filoramo, Torino, Einaudi, 1993, p. 621) - ^ μέσο ποταμός, meso potamós: in mezzo ai fiumi.
- ^ Luigi Cagni, in Dizionario delle religioni, p. 472.
- ^
«The designations Assyria and Babylonia are appropriate only for the second and first millennia BCE, or, more exactly, from about 1700 BCE on, when Ashur and Babylon rose to political prominence.»
(Thorkild Jacobsen, «Mesopotamian Religions», in Encyclopedia of Religion, vol. 9, NY, Macmillan, 2004 p. 5946) - ^ Luigi Cagni in Dizionario delle religioni, p. 472
- ^ Luigi Cagni. La religione della Mesopotamia in Storia delle religioni 1. Le religioni antiche (a cura di Giovanni Filoramo). Bari, Laterza, 1994, p. 116
- ^ Cfr. tra gli altri, Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, pos. 1339 vers. mobi.
- ^
«Dès lors, le podium, où est installé soit la statue soit le symbole du dieu, exprime de la façon la plus précise cette localisation et cet endroit devient le plus sacré qui soit, celui qui à la fois engendre l'organisation du lieu et permet l'acte cultuel. [...] Mais l'aspect le plus remarquable concerne le podium qui marque l'emplacement divin par excellence, celui de l’épiphanie comme nous avons vu et ce point précis ne connaît aucun déplacement au cours de l'histoire du temple»
(Jean-Claude Marguenon, Le temple dans la civilisation syro-mésopotamienne: une approche généraliste, p. 12-13.) - ^ Cagni, SdR 1, p. 168.
- ^ Cfr. Giovanni Pettinato. I Sumeri. Milano, Bompiani, 2007, p. 59.
- ^
«Circa il luogo di provenienza prevale ancora oggi l'ipotesi di una migrazione dalla Valle dell'Indo, per via marittima.»
(Giovanni Pettinato. I Sumeri. Milano, Bompiani, 2007, p.59) «I Sumeri sono penetrati con ogni probabilità in Mesopotamia attraverso una migrazione: o per la via del nord o del nord-est, oppure, come sembra, accennare il citato mito di Oannes, per la via del sud (Golfo Persico), in un momento non ancora precisato del Calcolitico.»
(Luigi Cagni, La religione della Mesopotamia, in Storia delle religioni. Le religioni antiche, Laterza, Roma-Bari 1994, p.123) - ^ Antico Oriente, p. 139.
- ^ Data la loro estrema varietà, l'utilizzo dei caratteri in cuneiforme in questa voce, e nelle sue sotto-voci, è sempre e solo a titolo esemplificativo e illustrativo e corrisponde, prevalentemente, alla tipologia utilizzata in epoca Ur III e antico babilonese.
- ^
«La storia vera e propria di questa civiltà è per noi delineabile soltanto a partire dal 3000 a.C. circa. Questa data corrisponde al periodo in cui per la prima volta al mondo, a quanto oggi sappiamo, venne messo a punto un sistema di segni adatti a materializzare e fissare il pensiero e la parola. È sulla base di tale sistema che ci è possibile gettare una luce sulla civiltà della preistoria: di quella, non ci rimangono che resti archeologici, sovrabbondanti, ma poco espliciti, spesso equivoci e, in ogni caso, largamente insufficienti a procurarci una conoscenza esaustiva di un qualsiasi fenomeno propriamente umano.»
(Jean Bottéro e Samuel Noah Kramer, Uomini e dèi della Mesopotamia, Milano, Mondadori, 2012, p.18) - ^ Pietro Mander, Le religioni dell'antica Mesopotamia, p. 43.
- ^ Jean Bottéro e Samuel Noah Kramer, Uomini e dèi della Mesopotamia p. 55; e Giovanni Pettinato, I Sumeri, Milano, Bompiani, 2007, pp. 309 e sgg.)
- ^ Pietro Mander, La religione dell'antica Mesopotamia, Roma, Carocci, 2009, p. 44-45.
- ^ Cfr. ad esempio qui.
- ^ Per una sintesi sul tema si rimanda a Claudio Moreschini, Storia del pensiero cristiano tardo antico, Milano, Bompiani, 2013, pp. 263 e sgg., e, soprattutto, pp. 275 e sgg.
- ^ Pettinato 313
- ^ Johannes Jacobus Adrianus van Dijck. Sumerische Religion in Jes Peter Asmussen, Jørgen Læssøe e Carsten Colpe (a cura di) Handbuch der Religionsgeschichte, I vol. Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1971, pagg.431-96
- ^ Johannes Jacobus Adrianus van Dijck lo definisce come forma intelligibilis «presente in relatione seminalis» Confronto 227; Leick 27 come "elemento creativo".
- ^ Van Dijk e Römer rendono con Inferi; Chiodi e Pettinato come "montagna mitica".
- ^ Questo abisso è la dimora di Enki.
- ^ Ancora un riferimento a Enki che soprintendeva a questi riti.
- ^ Si riferisce a Inanna quindi alla stella Venere.
- ^ Si riferisce a Inanna, anch'essa divinità poliade di Uruk.
- ^ Annuna (ki) riportato come: da-nuna, da-nuna-ke4-ne, da-nun-na, col significato di "sangue principesco", "stirpe reale", sono il nome collettivo degli dèi principali e appare qui per la prima volta. In genere sono indicati nel numero di cinquanta, ma nell'Enûma Eliš sono sei, in altre tradizioni sette.
- ^ Giovanni Pettinato, I Sumeri, Milano, Bompiani, 2007, p.315
- ^ Lugalanki (lugal-an-ki) epiteto di An o di Enlil.
- ^ Caos, significato traslato, lett. "digrignare i denti".
- ^ Cfr. Giovanni Pettinato, I Sumeri, pp. 321 e sgg.
- ^ Cella del tempio di Enlil
- ^ Il tempio di Enlil.
- ^ Traduzioni integrali del testo si trovano in Bottéro & Kramer, Uomini e dèi della Mesopotamia, pp. 535 e sgg. e in Pettinato, Mitologia sumerica, pos. 7827.
- ^
«Gli dèi Anuna. Un nome collettivo di divinità è Anuna (forse "discendenza principesca"), in accadico Anunnaku. Forse dal periodo kassita, allorché è posto in opposizione all'altro collettivo, Igigi (cfr. pp. 104-5); il nome passa a designare le divinità infere, mentre nel periodo sumerico designava l'insieme degli dèi, anche celesti. Tuttavia, anche nel Quando in alto, databile alla fine del II millennio, si parla di Anunnaku celesti (in numero di 300) insieme a quelli ctoni (che sono il doppio: 600)»
(Pietro Mander, La religione dell'antica Mesopotamia, Roma, Carocci, 2009) - ^ Per Bottéro tali nomi sono frutto dell'incrocio della lingua sumerica con quella accadica; mentre per Pettinato sono puramente sumerici e hanno il significato di "creato per il cielo" (anné-gar-ra) e e "creato per l'eternità" (ulle-gar-ra)
- ^ Enrico Ascalone, Mesopotamia, Milano, Electa, 2005, p. 268.
- ^ Il termine italiano "infero" (mondo sotterraneo) origina dal latino inferus con significato analogo. Il termine latino conserva precise corrispondenze: adharas (sanscrito, "ciò che sta sotto"), aðara (avestico, con medesimo significato); quindi dall'indoeuropeo *ṇdhero, da cui l'inglese under e il tedesco unter. Sempre dall'indoeuropeo *ṇdhero proviene il latino infra (sotto), da cui inferus: la presenza della lettera f nei termini latini è di derivazione osca, quindi dall'eredità del nome e della credenza italica dove Cuma (Campania) era inteso come luogo dell'ingresso agli Inferi.
- ^ in tal senso cfr. Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, pos. 1339 vers. mobi.
- ^ pp. 178-9.
- ^ Sargon, re senza rivali. Pisa, SEU, 1998, p. 31.
- ^ Pettinato, Mitologia assiro-babilonese pp. 12-13.
- ^ p. 201
- ^ p.202.
- ^ Mander 102-103.
- ^ Manuel d'épigraphie akkadienne, Rene Labat (Autore), Florence Malbran-Labat, Société Nouvelle Librairie Orientaliste Geuthner S.A. Paris
- ^ Qui inteso per "esseri umani", sono gli dèi che parlano.
- ^ La sua redazione definitiva appartiene alla dinastia di Isin (1950 a.C.; cfr. Giovanni Pettinato, La Saga di Gilgameš, Milano, Mondadori, p. LXXVIII)
- ^ Una insuperata edizione di questa opera è di Thorkild Jacobsen, The Sumerian King List, University of Chicago Oriental Institute, Assyriological Studies 11, University of Chicago Press, 1939.
- ^ Enrico Ascalone, Mesopotamia, Milano, Electa, 2005, p.10.
- ^ Pettinato mas 23
- ^ questa redazione tarda del poema, attribuita allo scriba ed esorcista cassita Sîn-lēqi-unninni, risale quindi presumibilmente al XII secolo a.C. e comunque anteriormente all' VIII secolo a.C.
- ^ Lettura del testo accadico.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Mitologia babilonese
- Mitologia sumera
- Religioni del Vicino Oriente antico
- Storia del Vicino Oriente antico
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
- Wikibooks contiene testi o manuali su Le religioni della Mesopotamia
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Religions in Iran. Pre-Islamic, su iranicaonline.org. URL consultato il 10/01/2017.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 70480 · LCCN (EN) sh85008841 · BNE (ES) XX531052 (data) · BNF (FR) cb11949787p (data) |
---|