SENECA
L'argomento è tratto dalla collana "Imparare a pensare"edita da RBA Italia S.r.l. - Via Gustavo Fara 35 - 20124 Milano -
Un'etica fondata sulla consapevolezza del limite e sul rispetto del prossimo.
Introduzione.
Seneca è probabilmente uno dei filosofi più importanti e conosciuti dell'epoca imperiale romana, e ciò è dovuto sia ad aspetti biografici - come per esempio il suicidio forzato o il suo rapporto con gli imperatori dell'epoca, in particolare con Nerone - sia al suo carattere di moralista, critico intransigente dei vizi della società romana e promotore di nuovi valori.
Le sue opere, scritte con uno stile conciso e un uso sapiente della retorica, affrontano per lo più temi di etica, uno dei tre ambiti in cui lo stoicismo suddivideva la filosofia.
Quanto agli altri due, la fisica e la logica, se ne occupò in maniera marginale e non lasciò quasi nulla di scritto.
Quello di Lucio Anneo Seneca (Cordova, ca 4 a.C. - Roma 68 d.C.) non fu mai lo sguardo del grande filosofo che, tutto preso dai grandi dibattiti, osserva come un estraneo le vicende politiche e sociali del suo tempo: il suo obiettivo era trasmettere a chiunque avesse inquietudini un modello di vita che conducesse al perfezionamento mediante la virtù, cioè - con parole dello storico francese Paul Veyne - "un'arte di vivere".
Ideale ultimo di tale perfezionamento è giungere alla conoscenza.
Il modello di saggezza proposto da Seneca consisteva nel conoscere la natura e vivere in conformità di essa, comprendere dunque la vita e il destino mediante la conoscenza dell'universo; questo avrebbe permesso di constatare un fatto tanto trascendentale quale l'uguaglianza intrinseca di tutti gli esseri umani.
Da questa premessa derivano i valori etici sviluppati dal filosofo, che si riflettono in affermazioni come questa, ancora oggi assolutamente attuale:
"Homo, sacra resa homini"("L'uomo è una cosa sacra per l'uomo").
Cosciente della fragilità dell'essere umano e del dolore che non risparmia nessuno.
Seneca esortava i suoi seguaci a fare del mondo un posto migliore in cui vivere, un obiettivo che proponeva di raggiungere grazie ad alcuni valori e atteggiamenti morali; fra questi il rispetto verso chiunque a prescindere dalla posizione sociale.
I contemporanei di Seneca compresero subito la sua portata di intellettuale, mentre gli autori pagani posteriori ne apprezzarono soprattutto la visione politica, la qualità letteraria, la profondità del pensiero.
Da parte loro, i primi cristiani videro in Seneca elementi che la nuova religione poteva accogliere integralmente, come le teorie morali o i discorsi sull'anima e sulla provvidenza.
Se Tertulliano ( ca 160-220) lo considerava un saepe noster, "quasi nostro", San Girolamo di Stridone(ca 340-420) lo incluse persino nel suo "catalogo dei santi" .
Più tardi, durante il medioevo, si mise in luce il carattere moraleggiante di Seneca, ma ciò non impedì che lo si idealizzasse come lo stoicoromanomper eccellenza.
Seneca non fu un filosofo e nemmeno un autore sistematico. la sua intenzione principale era trasmettere un concetto di vita e determinati valori morali, pertanto la sua produzione è molto diversa da quella di altri autori dell'antichità, come Platone e Aristotele.
Egli non desiderava offrire un sistema filosofico, ma convincere i suoi seguaci e lettori delle virtù morali dello stoicismo.
In tal senso , e nonostante gran parte delle sue opere letterarie vada sotto il titolo generico di "dialoghi" , questi si distinguono nettamente da quelli platonici per assumere piuttosto la forma di veri monologhi, nei quali il filosofo si rivolge a chiunque sia interessato al suo pensiero.
Per fortuna si conservano molti dei libri di Seneca, cosa che non sempre avviene per gli autori greco-romani.
La vita di Seneca, così vicina ai centri del potere e ai rischi che esso comportava, ci è ben nota grazie alle testimonianze di storici romani quali Tacito, Svetonio e Dione Cassio, mentre nella sua opera non compare praticamente alcuna informazione autobiografica e nemmeno notizie sulla complessa relazione politica che intrattenne con imperatori come Claudio (41-54 d.C.) e Nerone (54-68 d.C.).
Nato probabilmente nella Codova romana nel 4 a.C., si trasfer a Roma, capitale dell'impero, e lì in poco tempo arrivò fino ai vertici del potere, svolgendo un importante lavoro come consigliere politico e senatore.
Fin da molto giovane adottò lo stoicismo come punto di riferimento etico de morale, pur non esitando ad accettare altre teorie allora in voga, come quella del cinismo o dell'epicureismo, che lo portarono a rivedere la dottrina stoica inaugurata nel III secolo a.C. da Zenone di Cizio, Cleante di Asso e Crisippo di Soli e portata avanti nel II secolo a.C. da Ponezio di Rodi e Posidonio di Apamea.
E' pur vero che a volte Seneca si allontanò un pochino dall'ortodossia stoica, immaginando per esempio una divinità più personale, ma senza mai abbandonare del tutto il panteismo della sua scuola.
Ecco perchè comprendere il pensiero di Seneca è necessario accostarsi innanzitutto allo stoicismo romano e comprenderne l'influenza tra le èlite dell'impero.
E' sicuramente la filosofia morale l'ambito in cui vanno riconosciuti a Seneca i contributi più brillanti e anche quello che gli guadagnò il riconoscimento dei suoi contemporanei e delle generazioni successive.
Il filosofo spagnolo non volle mai trasmettere conoscenze puramente teoriche e incoraggiava sempre il "proficiens" (colui che, desideroso di migliorarsi, cammina verso la saggezza, l'aspirante saggio) a tendere alla vera saggezza.
Lo stesso Seneca arrivò ad ammettere che tale aspirazione era un più lento e faticoso percorso di superamento interiore che non una meta raggiungibile dalla maggior parte della gente, e lui non faceva certo eccezione : "Mi basta togliere un pò di terreno ai miei vizi tutti i giorni e castigare i miei difetti ".
Secondo il filosofo, l'essere umano si consuma in una perenne insoddisfazione che gli impedisce di essere felice: egli nutre un desiderio vano quanto insaziabile di beni e ricchezze, ora ricerca il piacere, ora è straziato per la perdita di una persona cara, e non si sottomette invece alle leggi della natura e del destino.
Lo stoico allora propone di imparare ad accettare gli alti e bassi della fortuna e non ha fondere la felicità sull'appagamento dei piaceri fisici o sull'ottenimento di ricchezze e potere.
Nel suo dialogo sulla felicità intitolato "De vita beata" composto nel 58 d.C., Seneca scrive che "la felicità consiste nella virtù", una volta ottenutala, la persona non si lamenterà più di quelli che ritiene mali, come la perdita di ricchezze o di libertà: il saggio infatti possederà sia la ricchezza sia la libertà.
Fermamente convinto del suo statuto morale . arrrivò a postulare con forza una serie di principi etici da applicare nel rapporto con le persone di rango più basso, come gli schiavi e i gladiatori.
Criticò con durezza la brama di denaro, lusso e potere, soprattutto se perseguiti in modo disonesto, e affrontò temi capitali come l'amicizia, l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, il cosmopolitismo e il rispetto tra i coniugi.
Alcuni di questi valori erano già stati apprezzati precedentemente da altri filosofi, ma spetta a Seneca il merito di averli difesi apertamente prima di qualunque altro pensatore.
Ciò non significa che lo si possa considerare una specie di rivoluzionario sociale, perchè di fatto dalla sua privilegiata posizione politica non promosse mai cambiamenti legali che assumessero una maggiore uguaglianza giuridica tra le diverse classi sociali: egli si limitò a rendere più umane le relazioni tra gli individui, in un mondo segnato da differenze sociali ed economiche allora incolmabili.
Volendo approfondire il pensiero di Seneca, non bisogna non bisogna dimenticare che alcuni aspetti importanti della sua opera che toccano altri campi della filosofia, come per esempio la metafisica.
L'autore sosteneva per lo più il panteismo stoico, che identificava la natura con un essere razionale che comprendeva ogni cosa, ma abbozzò anche alcune teorie sull'immortalità dell'anima e propose una concezione più personale della divinità.
Seppure non sia giunto a sviluppare pienamente queste teorie, si avvicinò molto ad autori della primitiva cristianità, che condividevano la sua visione spirituale di Dio.
Indubbiamente non si può non tener conto il ruolo politico di Seneca e quanto egli scrisse in questo ambito, mosso non da mera ambizione sociale, ma dalla convinzione che il saggio deve contribuire al bene della collettività e dunque tenuto a partecipare alla vita pubblica e politica, purchè tale responsabilità non risponda a un interesse per il potere in quanto tale .
Seneca si attenne sempre a questo principio stoico e fu nominato consigliere politico di Nerone durante i primi anni del suo mandato, diventando così uno degli uomini più potenti e influenti dell'impero, una nuova forma di governo che egli difese in un'epoca in cui la maggior parte degli intellettuali guardava con nostalgia alle libertà perdute con la fine della Repubblica.
Peraltro, anche il suo repentino e volontario ritiro dal potere a cui in nessun momento della vita tentò di afferrarsi, trova un senso nei principi della scuola stoica.
Seneca fu costretto a togliersi la vita nell'anno 65 per ordine di colui che era stato il suo pupillo e protettore, l'imperatore Nerone.
La sua morte eroica, simile a quella di Socrate, fu il motivo principale della successiva idealizzazione della sua figura, in ogni caso ampiamente giustificata dalla singolarità della sua opera, e in particolare dai valori etici in essa contenuti e dall'incredibile maestria con cui seppe proporli ai suoi seguaci.
A detta del filosofo, sono ben pochi quelli che possono raggiungere la saggezza assoluta, ma vale comunque la pena intraprendere tale percorso di maturazione interiore - accessibile a chiunque, a prescindere dalle personali circostanze economiche o sociali - , perchè la ricerca stessa apre una porta alla speranza; nonostante l'essere umano inciampi e cada una volta e poi un'altra ancora sempre sugli stessi errori, egli può conquistare la felicità e la serenità se la cerca dentro di sè, e non nei piaceri e beni materiali.
Forse è proprio questa l'eredità più preziosa affidataci dal filosofo spagnolo: L'invito a imparare a vivere in pace con se stesso e con tutti.
Un cammino ifficile e faticoso, che si snoda lungo tutta l'opera di Seneca.
FINE.
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GLOSSARIO INDERENTE AI CONCETTI ESPRESSI DA SENECA
Un'etica fondata sulla consapevolezza del limite e sul rispetto del prossimo.
Introduzione.
Seneca è probabilmente uno dei filosofi più importanti e conosciuti dell'epoca imperiale romana, e ciò è dovuto sia ad aspetti biografici - come per esempio il suicidio forzato o il suo rapporto con gli imperatori dell'epoca, in particolare con Nerone - sia al suo carattere di moralista, critico intransigente dei vizi della società romana e promotore di nuovi valori.
Le sue opere, scritte con uno stile conciso e un uso sapiente della retorica, affrontano per lo più temi di etica, uno dei tre ambiti in cui lo stoicismo suddivideva la filosofia.
Quanto agli altri due, la fisica e la logica, se ne occupò in maniera marginale e non lasciò quasi nulla di scritto.
Quello di Lucio Anneo Seneca (Cordova, ca 4 a.C. - Roma 68 d.C.) non fu mai lo sguardo del grande filosofo che, tutto preso dai grandi dibattiti, osserva come un estraneo le vicende politiche e sociali del suo tempo: il suo obiettivo era trasmettere a chiunque avesse inquietudini un modello di vita che conducesse al perfezionamento mediante la virtù, cioè - con parole dello storico francese Paul Veyne - "un'arte di vivere".
Ideale ultimo di tale perfezionamento è giungere alla conoscenza.
Il modello di saggezza proposto da Seneca consisteva nel conoscere la natura e vivere in conformità di essa, comprendere dunque la vita e il destino mediante la conoscenza dell'universo; questo avrebbe permesso di constatare un fatto tanto trascendentale quale l'uguaglianza intrinseca di tutti gli esseri umani.
Da questa premessa derivano i valori etici sviluppati dal filosofo, che si riflettono in affermazioni come questa, ancora oggi assolutamente attuale:
"Homo, sacra resa homini"("L'uomo è una cosa sacra per l'uomo").
Cosciente della fragilità dell'essere umano e del dolore che non risparmia nessuno.
Seneca esortava i suoi seguaci a fare del mondo un posto migliore in cui vivere, un obiettivo che proponeva di raggiungere grazie ad alcuni valori e atteggiamenti morali; fra questi il rispetto verso chiunque a prescindere dalla posizione sociale.
I contemporanei di Seneca compresero subito la sua portata di intellettuale, mentre gli autori pagani posteriori ne apprezzarono soprattutto la visione politica, la qualità letteraria, la profondità del pensiero.
Da parte loro, i primi cristiani videro in Seneca elementi che la nuova religione poteva accogliere integralmente, come le teorie morali o i discorsi sull'anima e sulla provvidenza.
Se Tertulliano ( ca 160-220) lo considerava un saepe noster, "quasi nostro", San Girolamo di Stridone(ca 340-420) lo incluse persino nel suo "catalogo dei santi" .
Più tardi, durante il medioevo, si mise in luce il carattere moraleggiante di Seneca, ma ciò non impedì che lo si idealizzasse come lo stoicoromanomper eccellenza.
Seneca non fu un filosofo e nemmeno un autore sistematico. la sua intenzione principale era trasmettere un concetto di vita e determinati valori morali, pertanto la sua produzione è molto diversa da quella di altri autori dell'antichità, come Platone e Aristotele.
Egli non desiderava offrire un sistema filosofico, ma convincere i suoi seguaci e lettori delle virtù morali dello stoicismo.
In tal senso , e nonostante gran parte delle sue opere letterarie vada sotto il titolo generico di "dialoghi" , questi si distinguono nettamente da quelli platonici per assumere piuttosto la forma di veri monologhi, nei quali il filosofo si rivolge a chiunque sia interessato al suo pensiero.
Per fortuna si conservano molti dei libri di Seneca, cosa che non sempre avviene per gli autori greco-romani.
La vita di Seneca, così vicina ai centri del potere e ai rischi che esso comportava, ci è ben nota grazie alle testimonianze di storici romani quali Tacito, Svetonio e Dione Cassio, mentre nella sua opera non compare praticamente alcuna informazione autobiografica e nemmeno notizie sulla complessa relazione politica che intrattenne con imperatori come Claudio (41-54 d.C.) e Nerone (54-68 d.C.).
Nato probabilmente nella Codova romana nel 4 a.C., si trasfer a Roma, capitale dell'impero, e lì in poco tempo arrivò fino ai vertici del potere, svolgendo un importante lavoro come consigliere politico e senatore.
Fin da molto giovane adottò lo stoicismo come punto di riferimento etico de morale, pur non esitando ad accettare altre teorie allora in voga, come quella del cinismo o dell'epicureismo, che lo portarono a rivedere la dottrina stoica inaugurata nel III secolo a.C. da Zenone di Cizio, Cleante di Asso e Crisippo di Soli e portata avanti nel II secolo a.C. da Ponezio di Rodi e Posidonio di Apamea.
E' pur vero che a volte Seneca si allontanò un pochino dall'ortodossia stoica, immaginando per esempio una divinità più personale, ma senza mai abbandonare del tutto il panteismo della sua scuola.
Ecco perchè comprendere il pensiero di Seneca è necessario accostarsi innanzitutto allo stoicismo romano e comprenderne l'influenza tra le èlite dell'impero.
E' sicuramente la filosofia morale l'ambito in cui vanno riconosciuti a Seneca i contributi più brillanti e anche quello che gli guadagnò il riconoscimento dei suoi contemporanei e delle generazioni successive.
Il filosofo spagnolo non volle mai trasmettere conoscenze puramente teoriche e incoraggiava sempre il "proficiens" (colui che, desideroso di migliorarsi, cammina verso la saggezza, l'aspirante saggio) a tendere alla vera saggezza.
Lo stesso Seneca arrivò ad ammettere che tale aspirazione era un più lento e faticoso percorso di superamento interiore che non una meta raggiungibile dalla maggior parte della gente, e lui non faceva certo eccezione : "Mi basta togliere un pò di terreno ai miei vizi tutti i giorni e castigare i miei difetti ".
Secondo il filosofo, l'essere umano si consuma in una perenne insoddisfazione che gli impedisce di essere felice: egli nutre un desiderio vano quanto insaziabile di beni e ricchezze, ora ricerca il piacere, ora è straziato per la perdita di una persona cara, e non si sottomette invece alle leggi della natura e del destino.
Lo stoico allora propone di imparare ad accettare gli alti e bassi della fortuna e non ha fondere la felicità sull'appagamento dei piaceri fisici o sull'ottenimento di ricchezze e potere.
Nel suo dialogo sulla felicità intitolato "De vita beata" composto nel 58 d.C., Seneca scrive che "la felicità consiste nella virtù", una volta ottenutala, la persona non si lamenterà più di quelli che ritiene mali, come la perdita di ricchezze o di libertà: il saggio infatti possederà sia la ricchezza sia la libertà.
Fermamente convinto del suo statuto morale . arrrivò a postulare con forza una serie di principi etici da applicare nel rapporto con le persone di rango più basso, come gli schiavi e i gladiatori.
Criticò con durezza la brama di denaro, lusso e potere, soprattutto se perseguiti in modo disonesto, e affrontò temi capitali come l'amicizia, l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, il cosmopolitismo e il rispetto tra i coniugi.
Alcuni di questi valori erano già stati apprezzati precedentemente da altri filosofi, ma spetta a Seneca il merito di averli difesi apertamente prima di qualunque altro pensatore.
Ciò non significa che lo si possa considerare una specie di rivoluzionario sociale, perchè di fatto dalla sua privilegiata posizione politica non promosse mai cambiamenti legali che assumessero una maggiore uguaglianza giuridica tra le diverse classi sociali: egli si limitò a rendere più umane le relazioni tra gli individui, in un mondo segnato da differenze sociali ed economiche allora incolmabili.
Volendo approfondire il pensiero di Seneca, non bisogna non bisogna dimenticare che alcuni aspetti importanti della sua opera che toccano altri campi della filosofia, come per esempio la metafisica.
L'autore sosteneva per lo più il panteismo stoico, che identificava la natura con un essere razionale che comprendeva ogni cosa, ma abbozzò anche alcune teorie sull'immortalità dell'anima e propose una concezione più personale della divinità.
Seppure non sia giunto a sviluppare pienamente queste teorie, si avvicinò molto ad autori della primitiva cristianità, che condividevano la sua visione spirituale di Dio.
Indubbiamente non si può non tener conto il ruolo politico di Seneca e quanto egli scrisse in questo ambito, mosso non da mera ambizione sociale, ma dalla convinzione che il saggio deve contribuire al bene della collettività e dunque tenuto a partecipare alla vita pubblica e politica, purchè tale responsabilità non risponda a un interesse per il potere in quanto tale .
Seneca si attenne sempre a questo principio stoico e fu nominato consigliere politico di Nerone durante i primi anni del suo mandato, diventando così uno degli uomini più potenti e influenti dell'impero, una nuova forma di governo che egli difese in un'epoca in cui la maggior parte degli intellettuali guardava con nostalgia alle libertà perdute con la fine della Repubblica.
Peraltro, anche il suo repentino e volontario ritiro dal potere a cui in nessun momento della vita tentò di afferrarsi, trova un senso nei principi della scuola stoica.
Seneca fu costretto a togliersi la vita nell'anno 65 per ordine di colui che era stato il suo pupillo e protettore, l'imperatore Nerone.
La sua morte eroica, simile a quella di Socrate, fu il motivo principale della successiva idealizzazione della sua figura, in ogni caso ampiamente giustificata dalla singolarità della sua opera, e in particolare dai valori etici in essa contenuti e dall'incredibile maestria con cui seppe proporli ai suoi seguaci.
A detta del filosofo, sono ben pochi quelli che possono raggiungere la saggezza assoluta, ma vale comunque la pena intraprendere tale percorso di maturazione interiore - accessibile a chiunque, a prescindere dalle personali circostanze economiche o sociali - , perchè la ricerca stessa apre una porta alla speranza; nonostante l'essere umano inciampi e cada una volta e poi un'altra ancora sempre sugli stessi errori, egli può conquistare la felicità e la serenità se la cerca dentro di sè, e non nei piaceri e beni materiali.
Forse è proprio questa l'eredità più preziosa affidataci dal filosofo spagnolo: L'invito a imparare a vivere in pace con se stesso e con tutti.
Un cammino ifficile e faticoso, che si snoda lungo tutta l'opera di Seneca.
FINE.
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GLOSSARIO INDERENTE AI CONCETTI ESPRESSI DA SENECA
ANIMA - (anima, ae): La parte dell'essere umano, quella più nobile ed elevata, che ha una natura simile a quella della divinità. Incatenata al corpo, è spesso preda di vizi e passioni che non le sono propri e per questo si corrompe. per Senca, come per tutti gli stoici, è corporea. Il filosofo si interrogò spesso sulla questione dell'immortalità dell'anima.
ARIA - (aer, aeris): Uno dei quattro elementi - insime a fuoco, terra e acqua - che secondo la maggior parte delle dottrine filosofiche e fisiche greco-latine costituiva la materia. Seneca riteneva che l'aria, detta anche spiritus, fosse il principio attivo del cosmo; invece per quasi tutti gli stoici tale principio era il fuoco.
CORPO - la parte dell'essere umano che, al contrario dell'anima, si caratterizza per la sua bassezza. I desideri e gli appetiti carnali fanno sì che l'anima si allontani da ciò che le è consono, ovvero il suo perfezionamento morale e la ricerca dell'uniione con la divinità , con l'universo. In tal senso, il corpo è il carcere dell'anima, che tiene prigioniera e schiava di vizi e passioni.
COSMOPOLIS - Termine che si può tradurre con "città mondiale". Si tratta di una metafora stoica per cui tutti gli esseri umani sono concittadini di una stessa città - l'intero universo - che rappresenta la loro vera patria.
DIO - (Deus) : Secondo il panteismo stoico, è il principio attivo che governa l'universo . Anche la divinità coincide a grandi linee con l'universo e tutto ciò che esiste. In Seneca il concetto di dio, pur senza rinnegare completamente il panteismo storico, acquisisce alcuni trartti specifici che lo rendono una divinità più personale e vicina all'uomo, in linea con la crescente religiosità dell'epoca.
DUALISMO - Visione dell'essere umano caratterizzato da una netta divisione tra anima e corpo. Nella sua riflessione sull'essere umano, Seneca adottò soprattutto il dualismo di Platone: l'anima è considerata la parte più nobile dell'essere umano ed è provvista di una natura simile a quella divina, mentre il corpo è visto come qualcosa di indegno, tutto carnale. ARIA - (aer, aeris): Uno dei quattro elementi - insime a fuoco, terra e acqua - che secondo la maggior parte delle dottrine filosofiche e fisiche greco-latine costituiva la materia. Seneca riteneva che l'aria, detta anche spiritus, fosse il principio attivo del cosmo; invece per quasi tutti gli stoici tale principio era il fuoco.
CORPO - la parte dell'essere umano che, al contrario dell'anima, si caratterizza per la sua bassezza. I desideri e gli appetiti carnali fanno sì che l'anima si allontani da ciò che le è consono, ovvero il suo perfezionamento morale e la ricerca dell'uniione con la divinità , con l'universo. In tal senso, il corpo è il carcere dell'anima, che tiene prigioniera e schiava di vizi e passioni.
COSMOPOLIS - Termine che si può tradurre con "città mondiale". Si tratta di una metafora stoica per cui tutti gli esseri umani sono concittadini di una stessa città - l'intero universo - che rappresenta la loro vera patria.
DIO - (Deus) : Secondo il panteismo stoico, è il principio attivo che governa l'universo . Anche la divinità coincide a grandi linee con l'universo e tutto ciò che esiste. In Seneca il concetto di dio, pur senza rinnegare completamente il panteismo storico, acquisisce alcuni trartti specifici che lo rendono una divinità più personale e vicina all'uomo, in linea con la crescente religiosità dell'epoca.
FELICITA' - (felicitas, -atis): Stato di appagamento spirituale a cui si giunge alla fine di un percorso di miglioramento interiore, cioè dopo aver conseguito la virtù. Per gli stoici, ottiene la felicità autentica colui che conduce una vita conforme alla natura: Si tratta di uno stato di pace ineriore che solamente il saggio è in grado di conquistare.
FUOCO - (ignis, -is): Uno dei quattro elementi - insieme ad aria, terra e acqua - che secondo molte dottrine filosofiche e fisiche greco-latine costituiva la materia. Permolti stoici, inoltre, il fuoco divino era il principio attivo del cosmo. Seneca, invece, credeva che tale principio attivo fosse l'aria , a cui dava il nome di spiritus o aer
IMMORTALITA' - : Convinzione che l'anima dell'essere umano sopravviva oltre la morte. Per Seneca, questa idea era un bel sogno in cui si poteva credere o meno, ma impossibile da dimostrare.
LIBERTA' - (libertas, -atis): Secondo lo stoicismo, accettazione volontaria del destino. L'essere umano, pur non potendo cambiare il proprio destino, ha comunque la libertà di accettarlo volontariamente oppure resistervi invano.
LOGOS - Vedi dio.
MORTE - (mors, mortis): Ritorno allo stato precedente alla vita che non va tenuto. L'essere umano deve abbandonare la paura che prova rispetto alla morte se desidera vivere una vita veramente felice . La morte di per sè non è nulla, ma il terrore che provoca è assolutamente nocivo per la salvezza dell'anima.
NATURA - (natura, -ae): Tra gli stoici, la natura può essere intesa come sinonimo dell'ordine razionale che governa l'universo. Quando gli stoici predicano che bisogna vivere secondo le leggi della natira, si riferiscono appunto ai dettami di questo ordine razionale
OZIO - (otium, -ii): In epoca romana , il tempo dedicato alle attività intellettuali come lo studio e la scrittura. Era il contrario di negotium, cioè il tempo consacrato ad attività come la politica o gli affari. Seneca ribadì più volte che tale otium creativo deve avere come finalità il miglioramento dell'essere umano.
PNEUMA - Termine preso in prestito da Posidonio (ca1335-51 a.C.) con cui si allude all'intelligenza o principio ordinatore che regola l'universo. Si può tradurre come "anima".
PROFICIENS - (proficiens, -ntis): Persona che ha avviato il suopercorso di miglioramento morale verso la saggezza, cioè un aspirante saggio. per riuscire nel suo intento ricorre alla filosofia e alla sua personale volontà di perfezionamento. Si tratta di una categoria intermedia tra il saggio e lo stoltointrodotta da Seneca, che si considerò sempre un proficiens.
RAGIONE - (ratio-onis): Componente principale dell'anima umana che deve guidare l'agire di ciascuno perchè trascorra un'esistenza conforme alla natura. La ragione umanae quella divina condividono una stessa natura.
SAGGIO - (sapiens, -ntis): Persona che ha raggiunto la piena saggezza e dunque l'autentica felicità. Il saggio è colui che, grazie alla propria virtù, vive conformemente alla natura, godendo di un'esistenza molto vicina a quella divina. per il filosofo, uno dei più grandi saggi della storia di Romafu Catone l'Uticense.
SPIRITUS - Vedi Aria
VIRTU' - (virtus, -utis): Unico vero bene a cui sipossa aspirare, è la perfezione morale che raggiunge il saggio e consiste nel vivere secondo le leggi e le norme della natura. Comporta la vera felicità, è un bene perfetto, senza misura o gradazione, e una volta raggiunto è impossibile perderlo.
VIZIO - (vitium, -ii): Passione dell'anima, che se frequente, si trasforma in una abitudine acquisita molto difficile da estirpare. Per Seneca, tra i vizi peggiori ci sono la brama di ricchezze, l'ira e la crudeltà.