E’ difficile convincersi che non vi è nulla di esterno alla propria mente. “Tat tvam asi” , tu sei quello, si legge nella Chandogya Upanishad scritta oltre 1000 anni prima di Cristo in epoca vedica dagli indoariani.
“Esse est percipi”, esistere è essere percepito, scriveva il filosofo George Berkeley nel settecento.
“Gnoti Sauton” , conosci te stesso, si leggeva sull’architrave dell’ingresso dell’oracolo di Delphi nell’antica Grecia.
Basta fermarsi un attimo a riflettere per convincersi che è proprio così: Il tavolo di fronte non sta “la”, ma è nelle mia mente.
L’uomo occidentale moderno ha perso completamente questa consapevolezza e vive tutto proiettato verso l’esterno.
Nelle civiltà Tradizionali invece si viveva avendo piena coscienza di questa verità.
Nel dubbio totale sull’esistenza di qualcosa di “esterno”, il filosofo Cartesio nel seicento affermava: “Cogito ergo sum”. penso dunque sono, cioè affermava la realtà dell’ Io.
E qui viene l’obiezione fondamentale: ma gli io sono tanti ed hanno tutti la stessa rappresentazione mentale.
Nel sistema filosofico di Fichte (filosofo tedesco del settecento) viene ben chiarita l’illusione della molteplicità degli io.
Le tre fasi del processo, secondo Fichte, sono: 1) L’Io pone se stesso – 2) Nel momento in cui l’Io si è posto si forma l’idea di Non-Io, cioè che esista qualcosa di diverso dall’Io – 3) A questo punto l’Io, ora limitato dal Non-Io, si frammenta nella molteplicità degli esseri senzienti. Se in uno specchio c’è una immagine, quando si rompe lo specchio tutti i frammenti hanno la stessa immagine. Quanto detto non avviene nel tempo ( il tempo è insieme allo spazio una delle due categorie con cui gli esseri senzienti ordinano la percezione ), ma è un processo istantaneo, sta avvenendo adesso!
E’ praticamente quello che nei grandi sistemi di pensiero tradizionali viene chiamato “La Caduta”.
In pratica la triste situazione del singolo io empirico è dovuta ad un turbamento dell’Assoluto che si è posto come Io, creando così, non volutamente il Non-Io e frammentandosi nei singoli io.
Tutte le Scienze Tradizionali miravano ad invertire questo processo.
La Grande Opera degli alchimisti era appunto la trasformazione dell’operatore che prendeva coscienza dell’Io assoluto.
Le monumentali opere dei Veda e delle Upanishad della civiltà indoariana mirano solo a far comprendere questa verità.
Quella che nel Buddismo è chiamata l’Illuminazione è il ritorno alla consapevolezza dell’ unico Io assoluto.
Bisogna dare atto al Buddismo di essere stato l’unico sistema filosofico ad aver resa pubblica la via per giungere a questo stato.
Anche i grandi Mistici Cristiani e Mussulmani, anche se inconsapevolmente, si sono avvicinati chi più e chi meno a questa verità.