Apocrifi - TRECCANI
APOCRIFI, libri
APOCRIFI, libri. - L'aggettivo apocrifo (dal gr. ἁπόκρυϕος) letteralmente "nascosto, segreto", nel linguaggio religioso ha preso una speciale connotazione, correlativa al concetto di canone (v.) della Sacra Scrittura, così del Vecchio come del Nuovo Testamento (v. bibbia).
Apocrifi sono detti gli scritti esclusi dal canone, sebbene o per l'argomento o per il presunto autore sembrassero avervi diritto. L'esclusione dal canone si fonda sulla negazione dell'ispirazione divina; l'apparente diritto ad esservi incluso può venire a un libro da due ragioni diverse, che possono trovarsi congiunte o separate. Talora ha per soggetto una materia identica o simile a quelle delle Scritture canoniche, e la tratta in modo analogo, come la Piccola Genesi o Libro dei Giubilei nel Vecchio Testamento, e gli Atti di Paolo nel Nuovo. Altra volta un oscuro autore, per meglio accreditare opinioni proprie, specie le sue previsioni sull'avvenire religioso del proprio popolo, o le fantasie che la sua immaginazione ricamò su un tratto di storia sacra, pone le predizioni o il racconto in bocca a un venerato personaggio dell'antichità o magari a uno scrittore biblico, il quale in tal caso presta al libro il nome. Per questo fra gli apocrifi si trovano frequenti gli pseudonimi o pseudepigrafi (ψευδεπίγραϕος "dal falso titolo" o "falsa intestazione"). Per indicare gli scritti, sull'accoglimento o la reiezione dei quali non v'era ancora al tempo loro unanimità di consensi, Clemente Alessandrino ed Eusebio usarono la parola Antilegomena (v.) cioè "discussi" (ἀντιλεγόμενα).
Essendo diversa l'ampiezza del canone dell'Antico Testamento presso i cattolici e i protestanti, ne viene pure una diversità nell'uso della voce "apocrifo". I protestanti escludono dal canone i libri (Tobia, Giuditta, Baruch, Ecclesiastico, Sapienza, I e II Maccabei, e parti di Daniele e di Ester) che non si trovano nel canone degli Ebrei e la cui ispirazione e conseguente canonicità fu nell'antichità cristiana (secoli III- V) discussa; mentre i cattolici, che li ammettono per ispirati, con termine relativamente moderno (dal sec. XVI) li chiamano deuterocanonici, quasi del "secondo canone".
Quei libri invece che gli uni e gli altri escludono dal novero delle Scritture dell'Antico Testamento, dai cattolici son detti apocrifi, dai protestanti pseudepigrafi. Nel Nuovo Testamento ora non vi ha differenza né di opinione né di termini; tutti gli scritti non canonici da tutti sono detti apocrifi.
Quanto alla storia del termine apocrifo, essa non è in tutto chiara. In particolare, non si sa con certezza se il punto di partenza dell'evoluzione sia da cercare nel giudaismo o nell'ellenismo; nell'uso rabbinico di eliminare i manoscritti mal copiati o guasti, o nell'esistenza di scritti esoterici (per quanto riguarda l'esistenza di scritti del genere nel giudaismo, essa è collegata con la questione intorno all'esistenza di una "gnosi" giudaica). In ogni modo è certo che libri, la cui lettura era riservata agl'iniziati, esistettero presso le sette eretiche del cristianesimo: e in alcuni testi, a dir vero tardivi, apocrifo è adoperato come sinonimo di "ereticale". Dopo le spiegazioni già fornite, è appena necessario aggiungere che nel corso di questo articolo, come del resto nelle moderne opere critiche, apocrifo ha esclusivamente il valore di "extracanonico".
Lo scopo degli autori fu molteplice. Gli apocrifi giudaici, i quali si occupano unicamente dell'Antico Testamento, hanno talvolta un carattere giuridico e cercano di dare credito a prescrizioni legali introdotte dai rabbini (halakhā), altre volte sono piuttosto racconti morali o abbellimenti creati dall'immaginazione intorno a fatti o personaggi biblici (haggadā), oppure apocalissi che fanno sperare come prossima la liberazione del popolo giudaico dal giogo degli oppressori. Per le accennate ragioni le autorità ecclesiastiche furono sempre avverse agli apocrifi e spesso ne proibirono severamente la lettura. Ciò fu in parte cagione della perdita di molti di questi scritti. Ne rimane però un grande numero e il loro studio non manca né d'interesse né di utilità. Gli apocrifi dell'Antico Testamento ci fanno conoscere le idee religiose e morali esistenti fra i giudei al tempo di Gesù Cristo e ci aiutano nell'intelligenza del Nuovo Testamento e dell'opera svolta dalla Chiesa primitiva.
Del resto parecchi di questi libri sono citati con onore da Padri e da scrittori ecclesiastici. Il libro di Enoch si trova nella Bibbia etiopica. Il III libro di Esdra si trova fra i libri canonici nella versione alessandrina, detta dei Settanta (v.), e in molti codici e vecchie edizioni della Vulgata (v.). Anzi la stessa edizione ufficiale, o clementina, della Vulgata, accolse in appendice, e in caratteri minori, il III e il IV libro di Esdra e la breve orazione di Manasse, ne prorsus interirent, come dice il preambolo.
Fa d'uopo aggiungere che la conoscenza degli apocrifi è necessaria per la spiegazione di non pochi monumenti dell'arte cristiana e della letteratura medievale.
Se in complesso esiste un notevole divario di valore storico e spirituale fra gli scritti del Nuovo Testamento e gli apocrifi, nel senso in cui furono sopra definiti; se, come ben possiamo giudicare, la Chiesa ebbe la mano felice nella scelta, lungo il margine di separazione il divario non è grande. Alla letteratura canonica si accosta più di tutti, per valore e per forma, il gruppo dei Vangeli giudeo-cristiani, che rappresentano una fase di rielaborazione della materia evangelica assai affine ai Vangeli canonici. Ma già nelle altre opere si va rivelando uno spirito diverso da quello delle prime generazioni cristiane: spirito di curiosità leggendaria, di amore esagerato per il soprannaturale e per la teosofia gnostica. Le opere che abbiano un vero valore artistico o in altra maniera spirituale non sono molte (tali però sono la Didaché, le Odi di Salomone e alcuni frammenti poetici degli Atti di Tommaso e degli Atti di Giovanni). Tuttavia questo conglomerato di scritti diversissimi ha un valore documentale altissimo: rappresenta un cristianesimo diverso da quello dei dottori e dei teologi: un cristianesimo popolare, e talora un cristianesimo di conventicola. Gran parte di questa letteratura (era sterminata) ci è pervenuta in frammenti, perché parecchi scritti parvero eterodossi, e certamente la letteratura apocrifa abbonda di scritti gnostici. Tuttavia non tutto ciò che appariva eterodosso al cristianesimo posteriore era tale nel pensiero degli autori. Spesso gli aspetti docetistici della storia di Gesù sono suggeriti da amore del meraviglioso, e non da tesi teologica: l'encratismo è glorificazione di virtù ascetiche più che affermazione di dottrina. Anche distrutte, molte di queste storie apocrife sopravvivono come leggenda. Gli è che assai spesso esse rielaborano, molto grossamente, temi leggendarî vivaci nel paganesimo e nel costume antico. Naturalmente l'aspetto di molti apocrifi è decisamente sincretistico. Aretologie pagane sono attribuite a personaggi evangelici e apostolici: schemi del romanzo religioso ellenistico formano l'ossatura di storie apostoliche: la religione ha aspetti magici e misterici.
Il motivo ispiratore è l'edificazione, o ciò che si riteneva tale, e la glorificazione dei protagonisti. Tertulliano ci narra (De bapt., 17), che un presbitero d'Asia fu destituito per avere scritto atti romanzeschi di Paolo (probabilmente si tratta degli Atti di Paolo): si giustificava dicendo d'averlo fatto per amore verso l'apostolo. Similmente, si redigevano canoni di disciplina ecclesiastica attribuiti agli apostoli: non si ammetteva che gli apostoli non fossero tornati sulla loro opera per difendere la chiesa dall'assedio di Satana (Didasc. siriaca, ed. Achelis, p. 120; Ep. apost., ed. Schmidt, p. 130, 154). Ma non dissimilmente gli gnostici fantasticavano Vangeli ed Atti esoterici. Vi era una concorrenza fra gnostici e ortodossi a riempire tutto il quadro della storia evangelica, senza lasciare spazî vuoti. Particolari sopra particolari, miracoli ed insegnamenti vengono aggiunti come reminiscenze di testimoni oculari. Uno dei temi preferiti è l'insegnamento del Cristo risorto agli apostoli: per taluni esso dura un giorno solo, per altri 40 giorni; per altri 50; per certi gnostici 12 anni. Gli eretici gli attribuiscono insegnamenti misterici, gli ortodossi norme di disciplina e di missione. Altro argomento prediletto è la storia dell'infanzia. Centri leggendarî divengono i diversi personaggi evangelici. Degli anonimi s'inventano i nomi: p. es. dei due ladroni in croce, del centurione che trafigge il Cristo, della donna che deterge la fronte del Cristo ecc.
Rifioriscono le apocalissi su temi e giudaici e misterici (v. apocalittica). Gli Atti apocrifi si svolgono secondo i temi dei romanzi religiosi diffusi nell'ellenismo (cfr. p. es. la biografia d'Apollonio di Tiana) e s'arricchiscono di temi iranici, indiano-buddhistici, egiziani. Indulgono molto spesso a tendenze eretiche, e un gruppo di essi, attribuito a Leucio Carino, godé la predilezione dei manichei. Le raccolte di canoni apocrifi si svolgono in sempre maggiore ampiezza, e nelle più recenti di solito son contenute le più antiche. Difficoltà notevoli presenta la ricostituzione dei testi, per la successiva stratificazione delle diverse parti, le interpolazioni, le mutilazioni e le rielaborazioni. Queste opere non erano protette dalla dignità canonica. L'aggiunta d'un gruppo di lettere false, dovute al compilatore delle costituzioni apostoliche, fece p. es. per lungo tempo dubitare anche delle lettere autentiche d'Ignazio d'Antiochia. Intorno a taluni personaggi, p. es. Clemente Romano (v.), presunto discepolo degli apostoli, si raggrupparono veri cicli leggendarî.
Il periodo della massima fioritura della letteratura apocrifa è il sec. II. Essa si continua anche nei secoli successivi, ma la grandissima parte di questi scritti è già nota a Clemente Alessandrino e a Origene. In molti scritti più recenti, nella redazione in cui ci sono pervenuti, assai spesso si rileva o è possibile supporre un nucleo più antico, che risale a un periodo anteriore. L'esplorazione di questa letteratura è ben lungi dall'essere conclusa. I papiri egiziani continuano a fornire numerosi frammenti. Le chiese orientali, specialmente quella copta e quella etiopica, sono miniere non ancora esaurite di documenti ritenuti perduti, o effettivamente perduti nel testo originale. In meno di un secolo si sono avuti ritrovamenti notevolissimi: il cosiddetto Ordinamento apostolico delle chiese d'Egitto, l'opera gnostica Pistis Sophia, la Didascalia degli apostoli nel testo siriaco, etiopico, arabo, e, frammentariamente, latino; l'Ascensione d'Isaia; frammenti del Vangelo e l'Apocalisse di Pietro; una raccolta di scritti gnostici in lingua copta; frammenti evangelici; le Odi di Salomone; la Lettera degli Apostoli; gli elementi per ricostituire nella loro totalità gli Atti di Paolo. Oltre a ciò i ritrovamenti più specialmente patristici han fornito copiosi elementi per la storia di questa letteratura: notevoli fra l'altro il ritrovamento dell'Elenchos d'Ippolito e della Dimostrazione dell'annunzio apostolico di Ireneo. Non ostante questo, molta parte della letteratura apocrifa è perduta per noi, e di talune opere non conosciamo che i titoli conservatici nel catalogo dello pseudo Atanasio, nella sticometria di Niceforo, nel decreto gelasiano e nel catalogo anonimo pubblicato dal Pitra.
Poiché un argomento così complesso mal si presta ad un'unica trattazione, rinviamo per notizie particolari alle voci che trattano le singole sezioni o le principali opere. Si aggiunge un elenco delle opere apocrife che ci sono giunte o di cui si ha notizia, avvertendo che talora il titolo di un'opera congloba in sé diverse sezioni, ciascuna fornita di titolo proprio.
Apocrifi del Vecchio Testamento: Apocalisse e Testamento di Abramo, Apocalisse, Testamento e Vita di Adamo; Libro della preghiera di Asenet; Apocalisse di Baruch; Apocalisse di Elia; Libri di Enoch; apocrifo di Ezechiele; Testamento di Giobbe; Libro dei Giubilei o Piccola Genesi; Ascensione di Isaia; III e IV Maccabei; Preghiera di Manasse; Assunzione di Mosè; Testamento dei dodici patriarchi; Storia dei Recabiti; Testamento, Salmi e Odi di Salomone; Apocalisse di Sofonia; testo "zadokita" della setta di Damasco pubblicato da Schechter.
Apocrifi del Nuovo Testamento: Gruppo dei Vangeli giudeo-cristiani: degli Ebrei e dei Dodici; (secondo il Waitz sarebbero tre: dei nazorei, dei Dodici o degli ebioniti, e degli ebrei); Vangeli: degli egiziani; di Pietro; di Barnaba; di Giacomo minore; di Andrea; di Bartolomeo; Vangeli gnostici: di Tomaso (usato dai manichei); di Eva; della verità; di Giuda; di Filippo; della perfezione; Vangelo detto Sapienza (Σοϕία) di Gesù Cristo; Vangelo detto Atti di Pietro (Πράξεις Πέτρου); Vangelo di Maria; apocrifo di Giovanni; Grandi domande di Maria; Piccole domande di Maria; Domande di Bartolomeo; Atti di Pilato o Vangelo di Nicodemo; Vangeli cosiddetti "dell'infanzia": Protevangelo di Giacomo; Vangelo dell'infanzia secondo Tomaso; Vangelo dell'infanzia arabico; Historia Josephi fabri lignarii, ecc.; inoltre la rielaborazione dei Vangeli ad opera di Basilide, Valentino, Apelle, e di Marcione; i varî detti sparsi e frammenti su papiri (Agrapha; v.). Vengono poi gli Atti apocrifi, quali la Epistula apostolorum e gli Atti del ciclo petrino: Predicazione di Pietro (Κήρυγμα Πέτρου); la cosiddetta letteratura clementina delle Homiliae e delle Recognitiones, le varie redazioni degli Atti di Pietro; gli atti del ciclo paolino (Atti di Paolo), sotto cui si raggruppano le diverse sezioni note con nomi particolari; possiamo collocare qui anche la lettera ai Laodicesi; gli Atti di Andrea; di Giovanni; di Tomaso; di Taddeo; la Passione di Bartolomeo; il Martirio di Matteo. Quindi le numerose Apocalissi del ciclo neo-testamentario (v. apocalittica). Infine ricordiamo le raccolte di canoni o di precetti, attribuiti dalla tradizione agli apostoli (v. apostolo) e altri gnostici, come la Pistis Sophia e i Libri di Iehû ai quali si ricollegano anche le menzionate Odi di Salomone.